Pagine

giovedì 4 febbraio 2016

Capitolo 28 - Mattina con i Phantomhive

Cap. 28
Mattina con i Phantomhive

Era il ventisette dicembre e tutti erano esausti nella squadra Phantomhive, eccetto forse Sebastian.
Senza contare che Ciel aveva anche una crisi di nervi più accentuata del solito: il rancore che si era lasciato alle spalle per tanto tempo, l’odio e la rabbia seppelliti in fondo al cuore, quel giorno li stava riversando tutta sulla povera servitù che non aveva fatto nulla di male.
A contribuire, la sveglia di quella mattina era rappresentata dalla canzone “Smooth Criminal” del famosissimo Michael Jackson, sparata a tutto volume, con gli urletti tipici del cantante che riverberavano sinistramente per la casa, con i precedenti concorrenti dei reality che, dentro il cortile interno, si agitavano urlando e cantando il ritornello quei pochi che lo sapevano con lo scemo che faceva movimenti facilmente scambiabili per quelli che gli zombie del video di Thriller facevano, capitanati da Michael Jackson, ma questo stava semplicemente facendo i suoi passi abitudinali. Si, avete capito bene: quel povero idiota per camminare normalmente si muoveva in quella maniera.
Ma torniamo ai Phantomhive, perché sennò il titolo di questo capitolo sarebbe “Mattina con gli orrori che abitano il cortile interno” non “Mattina con i Phantomhive”, vi pare?
La servitù, con Smooth Criminal nelle orecchie, si dovette trascinare fino alla sala principale per fare colazione. A dire la verità, Bard fu trasportato da Finnian in quella maniera barbara e orribile, che gli scuoteva tutto e rischiava di non farlo rimettere più. Okay, così è esagerato, ma diciamo che una sbattitina così non faceva esattamente bene alla sua povera salute.
Finnian, per rendere il clima ancora più teso, continuava a chiedere a tutti se ieri era stato bravo, soprattutto a Sebastian, nonostante Ciel si innervosisse al posto del maggiordomo.
Meirin, quel giorno, insistette perché mangiassero tutti quanti, si, anche Sebastian, dei cereali e un sacco di latte. Perché Meirin era fissata che, citando lei, “Non si deve mai sottovalutare la potenza del latte! Ti farà crescere sano e forte e le tue ossa saranno più robuste, e i tuoi denti sembreranno denti, anziché non sembrare niente perché non ci sono”.
L’avete capita, la signorina? Però c’aveva ragione.
Così, quella mattina, a tutti quanti fu servita una buona prima colazione con latte e cereali. Per il solo gusto di farlo, Ciel ordinò a Sebastian di mangiare anche lui e fingere di stare fingendo che quei cereali gli piacessero ma riuscirci a malapena. Giusto per creare una scenetta comica e sfogarsi su qualcuno.
Così, Sebastian ingerì apparentemente di malavoglia i cereali e li annaffiò con un pò di quello che, sempre citando lui perché oggi non c’ho voglia di usare parole mie “Il liquido bianco che fa danno se buttato sul pavimento, cosa che fa Finnian ogni santo giorno”, ovvero latte. Fece una faccia convincente, la tipica faccia di uno che vuole fingersi contento delle “prelibatezze” offerte, ma in realtà gli fanno schifo e ha voglia di andare a vomitare.
Ciel si spanciò dalle risate, ridendo in maniera cattiva, mentre gli Hellsing dall’altro lato li guardavano con circospezione. Neppure Seras sembrava volersi più avvicinare, alla squadra avversaria.
All’improvviso, fece irruzione nella sala la belva bionda, il mostro coi boccoli che non sembrano affatto boccoli, quella fissata col kawai. Elizabeth entrò, buttandosi a peso morto su Ciel nel bel mezzo di una risata, che cadde giù dalla sedia, diede una testata a Bard che, adagiato com’era sulla sedia e appoggiato a Meirin, andò a faccia a terra sul pavimento trascinando con se anche la povera cameriera, e Finnian per spirito di solidarietà salì sul tavolo e si buttò a terra.
L’unico che era rimasto composto sulla sua sedia era Sebastian che guardava il tutto con una faccia che se, e dico se, la guardavi attentamente e sapevi decodificare il linguaggio del corpo, vedevi che aveva gli angoli della bocca leggermente alzati e quindi era un pochetto felice.
Ciel strillò, mentre Lizzie continuava a strizzarlo al pari di uno dei suoi orsacchiotti ormai sbudellati a causa delle incursioni precedenti di Alucard. Stavolta il piccolo Conte emise un grido sensato urlando, con una faccia irata che sarebbe stata a pennello su un lupo mannaro e co. «Sebastian, ti ordinò di cadere immediatamente dalla sedia! Ora!».
Sebastian non poté far altro che obbedire: senza completamente muoversi, lasciò che il suo corpo iniziasse a scendere verso il basso, attratto dalla forza di gravità, fino a che anche lui non fu a terra. Dall’altro lato, gli Hellsing si stavano spanciando in una maniera esagerata, soprattutto Alucard che, come tutti sappiamo, aveva una buona propensione per il ridere pazzamente tutto il tempo. Dopotutto la sua risata era contagiosa, e il riso fa buon sangue …
Praticamente avevano le lacrime agli occhi, e ci mancava poco che tutti gli inquilini della casa del reality si trovassero a terra, entrambi con le lacrime agli occhi. Certo per motivi diversi, ma soprassediamo …
Ciel si stizzì e ordinò a tutti di risalire sulle rispettive sedie, respingendo Lizzie che si mise irrimediabilmente a piangere.
Il resto della colazione, finì fra le risa di scherno degli Hellsing, i digrignamenti di denti e i pianti dei Phantomhive.
Poi tutti si congedarono, seguiti dagli sguardi interrogativi di Schrödinger che non capì il motivo di tutta quella ilarità da un lato e imbroncia menti dall’altro. Ma non disse nulla, così poterono facilmente ignorarlo.
I Phantomhive si chiusero nelle rispettive stanze, pensierosi. Ciel osservò il suo anello. Un gioiello di grande valore. Ma maledetto.
Quella sciagura, la sua famiglia se la portava dietro da tempi immemori, forse proprio quando essa venne alla luce. Quello zaffiro, che ornava come un prezioso seppure ordinario decoro l’anello d’argento rilucente, faceva parte di un oggetto più grande, che veniva fin da tempi antichi da tutti allontanato. Era stato posseduto da molti capi politici o da persone in capo alla gerarchia, tutti avidi nobiliastri, che aveva fatto unanimemente una brutta fine. E ora, dopo secoli, dopo essere passata da diverse mani, e dopo che il suo potere malefico si era sempre accresciuto, era arrivato a lui. Sospirò, e si coricò sul letto osservando il soffitto come se fosse qualcosa di inimmaginabile bellezza, o una creatura mai vista prima.
Il ragazzo chiuse gli occhi.
Passetti svelti, cauti. Si avvicinavano. Topi?
Un suono sordo avvertì il Conte che bussavano alla sua porta.
«Chi è?» urlò, brusco. Odiava che il filo dei suoi pensieri fosse interrotto
«Bocchan» rispose la voce di Sebastian Michealis, dall’altro lato della superficie legnosa, con il dovuto rispetto «Credo che sia doveroso informarla, Bocchan, di un incidente avvenuto pochi secondi fa, che non ci fornisce, purtroppo, alcun vantaggio. Anzi, ci rende svantaggiati in confronto a quegli olandesi di poco conto»
«Sono inglesi» lo informò Ciel, messosi a sedere e aggiustandosi con aria inesperta i vestiti da nobile
«Bhè, le origini della donna, del capo, sono olandesi. Infatti, lei è Lady Hellsing, dunque discendente di Abraham Van Helsing, il dottore olandese, colui che per primo domò Dracula, o Alucard che dir si voglia. Ma torniamo al dunque: credo che Finnian si sia appena rotto una gamba»
Ciel scese giù dal letto con rapidità e con eguale ansia si diresse verso la porta, spalancandola. Finnian, per quanto fosse un pò sempliciotto, possedeva comunque una forza straordinaria e uno spirito creativo stranamente esteso per un ragazzo della sua età, che erano indispensabili per delle buone prove. Certo, avrebbero sempre giocato Sebastian, ma se si trattava di qualcosa che richiedeva l’aiuto di tutta la squadra? Dopotutto Finnian era adatto ai lavori manuali. Quindi se si era rotto una gamba, era un problema.
Giunsero al luogo in cui il giardiniere si era infortunato, dove quello, a terra, piangeva e si lamentava a più non posso, tenendosi la gamba fratturata con delicatezza. Intorno a lui, facevano la guardia premurosamente Meirin, con Bard appoggiato in un angolo, impotente.
«Come te la sei rotta?» chiese il Phantomhive, senza giri di parole
«Ah, è stato orribile! Mi … mi ci è caduto sopra un mattone!»
«E chi te lo ha lanciato? Meirin?» insistette, lanciando uno sguardo rabbioso verso la cameriera.
«N-no» balbettò il ragazzo «È caduto sulla gamba» ripetè, con il petto sconquassato dai singhiozzi
«Come ci è finito un mattone sulla tua gamba?» scandì il Conte, spazientito
«Ci è finito… cadendo» ripetè il giardiniere, calmatosi un pò nonostante il respiro affrettato e leggermente difficoltoso, ma almeno aveva smesso di produrre lacrime a quantità industriale
«Ma come? Te l’ha buttato qualcuno?»
«No»
«E allora come?»
«Così» fece sbattere la mano sul pavimento, producendo un suono forte che rimbalzò e risuonò per tutta la casa
«Si, ma da dove veniva il mattone?»
«D-da lì» indicò con un dito il soffitto alto. Effettivamente, se si sapeva osservare, si poteva notare un buco rettangolare, che Finnian difficilmente avrebbe potuto fare, dato che la sua testa non aveva quella forma. Sennò, sarebbe stato di una bruttezza inimmaginabile. Dunque, Finnian aveva ragione: un mattone era caduto dal soffitto. Ma perché? La casa era cadente? O qualcuno … l’aveva fatto di proposito?
«Riesci a muoverla?» intervenne Meirin, poggiandogli una mano fra i capelli biondi
Quando quello provò a fare un qualsiasi movimento con l’arto infortunato, la gamba destra, il dolore gli strappò un urlo acuto. Scosse la testa, mentre altre lacrime scendevano lungo le guance.
«Sebastian» sussurrò Ciel, pensieroso «Prendilo in braccio e portalo nella sua camera»
«Yes, my Lord» annuì il maggiordomo, seppure nella sua testa qualcosa si agitasse a più non posso.
Così, il povero ragazzo fu trasportato nella sua stanza, mentre abbracciava Sebastian come se fosse la sua fidanzata.
Fu adagiato sul letto, con le lenzuola candide che gli furono rimboccate come si fa con i bambini piccoli, mentre la cameriera e il cuoco lo rassicuravano con paroline dolci al suo capezzale. Lo riempirono di attenzioni, lo fecero mangiare davvero, per accelerare la guarigione. Tuttavia, Finnian era umano, e doveva stare a riposo.
«Al diavolo!» strillò a un tratto Ciel, uscendo in fretta e sbattendosi la porta alle spalle. Sentiva di odiare quelle scene.
In parte perché lo disgustavano, tutte quelle moine, quelle cose smielate … ma solo perché, dall’altro lato, anche lui desiderava ricevere un mucchio di attenzioni. Ma non quelle che un servitore rivolgerebbe al suo padrone, quanto un amico ne rivolgerebbe a un altro. Aveva perso da tempo la sensazione di essere coccolato da un amico… o da sua mamma. Il giorno del suo compleanno… ah, lasciamo perdere. Si asciugò rabbiosamente l’unico occhio scoperto e fuggì nella sua stanza. Odiava quei ricordi. E odiava piangere.
Sebastian, nel frattempo, si prese cura del malato, aiutato per quanto fosse possibile dagli altri componenti della servitù, che si preoccupavano, forse in modo esagerato, per l’amico che, nonostante la forza prodigiosa, adesso era a rischio.
E se Alucard avesse deciso di entrare a loro insaputa nella camera per fargli del male? Dopotutto erano mostri senza scrupoli, quegli Hellsing.
Così decisero di fissare dei turni di guardia, per riuscire a tenere la situazione sotto controllo. Per evitare che durante la prima parte della convalescenza venisse abbandonato o gli cadesse in testa qualche armadio, uccidendolo del tutto, misero per primo a guardia Bard. Il giorno seguente, sarebbe toccato a Meirin, e poi a Sebastian, per poi ricominciare dal cuoco.
L’uomo si posizionò davanti alla porta … non appena si fu posizionato davanti alla porta, nella posizione del loto, e cominciò a guardarsi intorno con aria circospetta.
Annusò, nel caso nell’aria ci fossero odori che avessero potuto aiutarlo o avvisarlo.
Un rumore di passi. Gli sfuggì un gemito strozzato. E se era Alucard, come si difendeva? Stava scervellandosi, quando vide che era solo il Bocchan, che si asciugava rabbiosamente l’occhio scoperto, paonazzo in volto e con un’andatura da far pensare che fosse un ricercato con la polizia alle costole.
Bard si rilassò, però poi si ricordò che era una sentinella. E una sentinella non deve essere mai rilassata.
Cinque minuti dopo, sembrava emanare tensione. Se c’era un topo nelle vicinanze (cosa difficile a causa di entrambi gli efficienti maggiordomi, casomai era Alucard che gli faceva fare un “giretto” per casa) cominciava a camminare come se fosse fatto di legno.
E così, fra Meirin giù di corda, Sebastian intento a pulire ogni singolo angolo della casa, forse perché era un maggiordomo, forse per distrarsi, e Ciel che dopo essersi sfogato a piangere voleva pestare i piedi a ogni essere vivente che incontrava, e Finnian adagiato sul letto e coccolato, e Bard che era una statua di sale dolorante, la mattinata dei Phantomhive passò con una lentezza esasperante.


SUCCESSIVA>???

Capitolo 27. Settima prova- il presepe vivente


Cap. 27
Settima prova- il presepe vivente

«Ed eccoci finalmente riuniti per vedere la settima prova. Sarà sicuramente una prova spettacolare e ricca di colpi di scena, infatti i nostri tenebrosi eroi di entrambe le fazioni dovranno immedesimarsi in un gruppo di persone che sono vissute duemila e dieci anni or sono: i presenti all’avvenimento della nascita di Gesù Cristo!».
Vlad borbottò qualcosa sotto i baffi, poco convinto, e Andersen lo minacciò con le baionette, tanto che il vampiro smise subito, parandosi la testa sotto le mani, di lamentarsi.
I primi a cominciare l’ardua prova furono i Phantomhive che, come al solito, avevano avuto la (s)fortuna di cominciare per primi.
Ciel si adagiò comodamente nella paglia, mentre veniva sventolato dai teorici Maria e Giuseppe. Sbadigliava e di tanto in tanto esortava di andare più veloce ai due “genitori”.
«Oh» esclamò Sebastian, nel tentativo di fare una recita decente «Mio figlio è nato! Grazie D … D … Diavolo!» esclamò il maggiordomo con la faccia contorta. Un mostro, un demone come lui non poteva pronunciare un parola simile a “Dio” «Grazie, Maria, per averlo messo al mondo!»
Come risposta alla sua falsa felicità, ricevette una fuffola da Ciel e un getto di sangue in faccia da Meirin.
All’improvviso, fecero la loro comparsa i Re Magi. Finnian arrivò, sorridente, e guardò verso la telecamera. Fece un sorriso enorme, da Rufy D. Monkey (Rubber di One Piece, per chi non lo avesse ancora capito), rivolto verso l’apparecchiatura. Poi, inchinandosi e strisciando sulle ginocchia verso Ciel, esclamò con accento teatralmente buffo «Oh, potente Messia! Quale maestrosità! Quale grande … uhm, bellezza … Quale potenza! Oh, divino Gesù Bambino, re di tutti i …» tentennò, non sapendo che dire
«Re di tutti i re» gli suggerì ad un orecchio Bard
«Di tutti i bimbi! Re di tutti i bimbi del mondo! Dei gialli, dei negri, dei rossi e quelli verdolini vomito! Perché siamo tutti fratelli!» esclamò il ragazzo, con le lacrime di gioia, lasciando cadere oro e incenso e stritolando Bard in un abbraccio letale e fraterno. Forse aveva di nuovo dimenticato di essere iper-forte …
«Mi sta …i ucci … dendo!» gemette il cuoco, in mezzo a scricchiolii sinistri
«Ti voglio bene!»
«La …lascia!» fece appena in tempo a gemere, prima di vomitare in faccia al giardiniere una grossa macchia di sangue, che rese viscido e rossastro il volto di Finnian. Lui sbattè le palpebre perplessamente, lasciando la presa su Bard che rantolava in mezzo a scatti nervosi.
«Ooops …» disse il giardiniere, lanciando poi un risolino basso e isterico. Poi si girò e prese l’oro «Io» declamò «Grande Re Magio d’Oltracque … cioè di tanto lontano, vi porto, o potente Gesù Bambino …»
«Io non sono Gesù Bambino!» saltò su il Conte, facendosi alzare da Sebastian e additando Finnian «Io sono Shieru Phantomhive!»
«Shieeeruuu!» esclamò Elizabeth, comparendo da dietro le quinte «Faccio il secondo Re Magio! Guarda che bello … ho messo il saio lavanda!»
«Bocchan, Lady, siete pregati di prendere i vostri ruoli perché la commedia è cominciata»
«Bene!» esclamò la ragazzina, prendendo posto dietro Finnian
«E che dovrei fare?» strillò il Conte, pestando un piede
«Pianga»
«Ugnè, ugnè» fece il ragazzo, rimettendosi coricato e con un’aria piuttosto seria e composta, come chi declama un omicidio
«Dicevo, oh potente Ciel Bambino …» riprese Finnian, chinando il capo e alzando la scatola con dell’oro all’interno
«Giuseppe!» esclamò il Conte, scontento (giochini di parole …) «Tiragli un cazzotto! Io sono Gesù Bambino! Non Ciel Bambino!»
«Yes, my Gesù» disse Sebastian, obbedendo prontamente
«Ti do l’oro e me ne vado» completò Finnian, con un occhio nero, allontanandosi in fretta e furia e quasi sull’orlo di sciogliersi in pianto.
Elizabeth si fece avanti, con gli occhi enormi, verdi e brillanti, offrendogli il suo dono «Caro Messia, anche se sei piccolo, anch’io sono piccolo\a e quindi sento già di volerti bene, no, ti adoro, anzi, ti amo! Oh, Gesùùùù!»
A disagio, il piccolo Lord mormorò «Dammi l’incenso e congedati, Re Magio Lizzie»
Il “Re Magio Lizzie” lo abbracciò in modo così stritolante che quando si staccò già si vedevano i segni neri sul povero corpicino nobile. Poi, come suggerito, si congedò.
Ora, restava il problema del povero Bard, steso a terra e agonizzante.
Finnian lo prese da dietro come una bambola, e agitandolo nell’imitare grottescamente una camminata lo fece stare anche peggio.
«Io ti offro birra. Ma non sei un pò troppo piccolo, Bocchan?» fece Finnian continuando a muovere su e giù Bard in aria, come se stesse levitando in modo “Dragonballiano”, serio seppur tentasse di fare la voce del cuoco con il risultato di apparire un citofono guasto
«Mirra!» corresse Meirin a bassa voce
«Eh, e che ho detto io? Birra. Ma il Bocchan è troppo giovane! E poi a  me ‘sta cosa non sembra birra …» disse, shakerando il contenitore con foga e lasciando per un attimo la presa su Bard con la mano destra, cosicché quello si capovolse. Senza accorgersi di niente, nonostante quello avesse … ehm, la faccia verso il pavimento, quello continuò ad agitarlo verso il suo signorino, guardando interessato il contenitore della mirra.
«Giralo!» ordinò il piccolo Phantomhive, disgustato
«No, continua a non sembrarmi birra» affermò il biondino, capovolgendo il contenitore e rovesciando per terra la mirra
«Non quello, scemo! Il Re Magio Bard»
«Il Re Magio …» Finnian guardò verso il suo amico cuoco, poi si irrigidì. Lo capovolse ridendo istericamente, poi spinse il materiale verso Ciel con un piede «Io te la offro, o potente! E me ne vado!» e detto questo si allontanò per la seconda volta in fretta e furia, ridendo come un malato di mente.
«Ugnè, ugnè. Mi sta iniziando a piacere. Ugnè, ugnè» constatò con fredda calma il piccolo Phantomhive, rilassandosi e guardando Sebastian.
“È mio padre” pensò inorridito. Guardò verso Meirin. “È mia madre”
Fu allora che, al posto del monotono “Ugnè, ugnè” da mortorio, scoppiò in un reale pianto.
«Gesù!» si stupì Sebastian, allungando la mano verso il bambino.
Quello lo respinse piagnucolando e continuò così, in assoluto stallo, fino al suono del gong che annunciava la fine della prova, con Sebastian con la mano tesa, Ciel piagnucolante e Meirin con le mani giunte in atto di preghiera, Finnian lontano, Lizzie saltellante e Bard più morto che vivo. 
Dall’altoparlante di udì appena «Lo strazio è finito».
Poi altre voci, confuse, sempre dagli altoparlanti, corressero
«Ma quale strazio? Vogliamo il biis!».
Ed era ora degli Hellsing. Si sperava che fossero, si, insomma, almeno un poco organizzati …
La stalla aveva un sipario rosso sangue che si aprì teatralmente sul quadretto della sacra famiglia, illuminato dall’alto dalla “Seras-stella cometa” che brillava e faceva con la bocca il suono di campanelle
«Din don, din don, sono una bella stellina, din don!».
Molto probabilmente era convinta che le cose brillanti facessero il suono di campanelle. Influenza delle pubblicità o semplice fan di Twilight? Ma passiamo al resto del sacro quadretto.
Il san Giuseppe era leggermente annoiato, si aggiustava con una mano la tunica intorno al collo, e non sembrava molto felice di aver appena visto nascere suo figlio … ehm, il figlio di Dio. Integra sembrava leggermente più calata nella parte, ma il sorriso che rivolgeva al bambino Gesù in versione gigante era piuttosto ironico invece che adorante.
Walter, che era stato adagiato in mezzo alla paglia calda, incrociò le braccia sul petto nudo, come per coprirsi
«A me, questo, sembra tutto un fanservice» borbottò
«Sta zitto» lo minacciò Vlad, sottovoce, fra i denti aguzzi «Sei Gesù appena nato, fai Gesù appena nato … »
«Ma …»
«Piangi maledizione!».
La faccia di Alucard era talmente rabbiosa, i denti così in mostra nel volto pallido, i baffi folti frementi di ira e di indignazione, che a Walter non venne difficile iniziare a piangere. E non solo perché il povero maggiordomo era bravissimo a recitare, ma anche perchè aveva rievocato la visione di Vlad l’Impalatore in mutandoni di pelliccia.
E Alexander Andersen, ve lo ricordate? Ecco, lui era stato calato nel ruolo del bue: con addosso una pelle conciata male, dall’odore ancora piuttosto forte di carne cruda, e un paio di pesanti corna bovine legate sulla testa alla meno peggio con un pezzo di corda, era accovacciato dietro Walter e lo guardava con l’ammirazione che sarebbe stata bene più sulla faccia della Madonna che su quella di un bue. Capite cosa voglio dire, vero?
Walter ebbe modo di vedere la faccia di Andersen, mentre si guardava intorno spaurito. Il suo pianto, d’improvviso si fece più forte.
La recita era iniziata: tre dei Grozzi, vestiti da re magi con sontuosi abiti lunghi fino ai piedi, di broccato rispettivamente rosso, giallo scuro e blu, intarsiati di fregi d’oro, vennero avanti, conducendo con loro dei veri cammelli.
Non si era mai vista una scena tanto teatrale: i tre uomini enormi, con in testa i loro turbanti, si inginocchiarono di fronte a Walter e tesero le manone verso di lui, tutti rapiti
«Quale bellezza!» esclamò il primo, portandosi poi le mani alla fronte
«Non dire così poco, Melchiorre» lo riprese il secondo, per poi posare di nuovo e immediatamente gli occhi sul povero Walter in lacrime «Questo è più che pura bellezza fisica! Guarda quale maestosità si riflette nei suoi occhi azzurri come il mare! Oh, che tenerezza! Oh, che perfezione!»
«Ma guarda, Baldassarre» prese a dire il terzo, prostrato così tanto in avanti che quasi toccava terra con il mento «Guarda! Povero piccino, gli occhi suoi sono offuscati di lacrime! Oh, mi si stringe il cuore, povero piccolo! Oh, non piangere figlio di Dio!».
Walter era terribilmente imbarazzato da tutto ciò, ma cercò di trattenere le lacrime, anche perché non gli risultava che nella natività Gesù non facesse altro che piangere, anzi, veniva spesso rappresentato in quel modo dignitoso che può essere solo di un bambino di origine divina.
La sfortuna era che anche Vlad si era calato perfettamente nella sua parte e prese in braccio il povero maggiordomo, sorreggendolo con tenerezza e mettendogli una mano dietro la nuca per poi poggiare la testolina di Walter contro la spalla
«Non piangere, piccino, non è niente, non è niente …».
Walter singhiozzò disperato sentendo le dure mani callose di quel mostro non-morto che lo palpavano.
Alucard proseguì imperterrito nel suo lavoro, dimostrandosi probabilmente un buon padre, ma ahimè, per nulla apprezzato dal suo attuale “bambino”
«Piccolino, non ti devi preoccupare di niente, adesso ci sono qua io, che sono grande e forte e ti proteggerò, stai tranquillo» mormorava con voce bassa e calma, mentre accompagnava le parole con dei brevi colpetti in punta di dita sulle spalle del “Gesù”
«Guarda che non devi farmi fare il ruttino» sussurrò Walter, stizzito «Smettila»
«Miracolo!» la cosa più imbarazzante, forse, era che Alucard si era davvero calato bene nel personaggio «Il piccolo ha già parlato! Maria, Maria! Il nostro piccolo Gesù ha parlato!»
«Ohhhh!» gridarono all’unisono i tre re magi, prostrandosi ancora di più, adoranti
«Splendido» fu il laconico commento di Integra
«Maria!» Vlad prese Walter proprio come se fosse un bimbo, sotto le ascelle, e lo portò davanti a se, sollevandolo per ammirarlo, mentre il maggiordomo assumeva una sfumatura tendente al rosso peperone bollito «Questo è tuo figlio!»
«Nostro figlio, vorrai dire!» lo corresse Integra, cercando forse di inserire, si, un pizzico di tenerezza in quella recita
«No, tuo» Vlad si rabbuiò, aggrottando le sopracciglia nere come carbone «Io non ci ho ancora neanche provato, a fare un figlio con te. Giusto? Ero ubriaco?»
«Nooo!» intervenne il re magio Melchiorre, salvando la recita da un misero finale in stile telenovela «Quello che abbiamo di fronte è l’unigenito figlio di Dio! Ohhhh!»
«Si!» intervennero gli altri due Grozzi, all’unisono «E per lui abbiamo portato doni di inimmaginabile valore, perché egli è il re dei re e governerà un giorno sopra tutte le cose della terra e del cielo!».
Alucard adagiò Walter nella mangiatoia, mentre il poveraccio si copriva la faccia con le mani, assolutamente sconvolto e imbarazzato.
Poi i re magi iniziarono a farsi avanti uno dopo l’altro, strisciando sulle ginocchia
«A te, o potente re, porto l’oro, perché questo è il dono che si addice ad un re!» e detto questo aprì e porse ad Integra un bauletto di legno finemente decorato con intarsi d’argento e di cristallo, il cui interno brillava di una grande quantità di purissimo oro giallo
«A te, o potente re, porto l’incenso» disse il secondo re magio, strisciando anche lui mentre il suo compagno precedente si alzava, prendeva il suo cammello e se ne andava «Profumo che inebria e che consacra, l’odore delle cose sacre».
Il secondo bauletto era nero e marrone, con sopra disegnato un albero dalle foglie verdissime. Quando Integra lo aprì riconobbe una certa quantità di bastoncini di incenso profumati alla rosa, quelli che erano scontati al discount vicino alla casa del reality, per intenderci.
Anche il secondo re magio se ne andò ed il terzo giunse strisciando con un’espressione grave
«A te, o potente re, porto la mirra» disse «Perché tu possa ricordare che non solo cose buone e dolci esistono a questo mondo, ma anche cibi amari e amari dolori».
Walter socchiuse gli occhi, pensando che quelle parole gli si addicevano dannatamente, specie se in giro c’era quel mostro di Alucard nella sua forma originaria e brutale.
Anche il terzo cofanetto fu consegnato, un contenitore di legno senza nessuna decorazione se non una piccola croce nera bordata d’argento.
Poi anche il terzo re magio si alzò e se ne andò.
In quel momento, compreso nella sua parte, Andersen lanciò un sonoro muggito.
«Bene» Disse la voce che usciva dagli altoparlanti, tuonando allegramente e spaventando i coniglietti che vagavano per i prati artificiali «Mi sembra che sia ora di parlare dei punteggi che vi siete guadagnati! Venite, venite tutti qui davanti!».
Tutti, chi più volentieri chi meno, si trascinarono nella zona più vicina agli altoparlanti e al tabellone dei punteggi, che risplendeva di uno strano verde in quel periodo.
Padre Andersen, in piedi con la pelle di bue addosso sembrava un toro mannaro o qualcosa del genere, un bovino bipede insomma, e con il muso vagamente umano. Seras era stata spiccicata di forza dal tetto della stalla da un paio di forzuti Grozzi i quali ora la avevano trasportata in zona raduno, posandola accanto ad Integra. Alucard, tornato fortunatamente in se, rideva sotto i baffi (letteralmente) guardando il pannolino di Walter, mentre il piccolo maggiordomo aveva di nuovo incrociato le braccia sul petto e sbuffava.
La situazione attuale della famiglia Phantomhive non sembrava di molto migliorata: Bard stava già un pò meglio, visto che era riuscito a girare la testa e dire «Bastardo» a Finnian, mentre Meirin barcollava in giro, con due rivoletti di sangue che le scorrevano giù per le narici. Finnian continuava, inginocchiato accanto al cuoco, a piangere e a chiedere scusa
«Non è colpa mia! Scusa!»
«Bas  …»
«Mi dispiace! Non l’ho fatto a posta!»
« … Tardo».
Ciel continuava a ripetere «Io sono Ciel Phantomhive!» a tutti, tirando fuffole a destra e a manca senza un motivo. Lizzie saltellava in giro urlando cose come «Kawai» e, se voi capite cosa c’entra ditecelo, «Chtulhu f’taghn» e altri suoni mostruosi e inarticolati, da far nascondere Lovecraft tremante sotto un tavolino. Sebastian controllava, attento e austero, i movimenti del suo Bocchan in pannolino, ripetendo come una litania «Sono un maggiordomo perfetto, un diavolo di maggiordomo». Sembravano una massa di sciroccati che tentavano di mandare una marea messaggi subliminali tutti insieme.
«Bene, e adesso consegniamo i punti!» Urlò la voce della presentatrice dagli altoparlanti, cercando di calmare la platea rumorosa e mostruosa.
Ci vollero almeno cinque minuti perché tornasse il silenzio, ma finalmente tornò.
La voce della conduttrice si schiarì dopo due colpetti di tosse ed iniziò a declamare
«Allora, innanzitutto si da il punteggio per l’ambientazione. La più convincente, senza alcun dubbio, è stata quella della famiglia Phantomhive. Se non altro la loro stalla si reggeva in piedi».
Walter si girò a guardare l’ambientazione che lui stesso aveva costruito, cercando di capire cosa non andasse, e trasalì: la capanna che aveva costruito in fretta e furia adesso era un mucchio informe di assi e macerie sulla quale era stato piantato anche un cartellino con sopra vergata in bella grafia una nota canzone
“Era una casa molto carina
Senza soffitto,
Senza cucina,
Non si poteva entrare dentro,
perché non c’era il pavimento,
non si poteva fare pipì,
perché mancava il vasino lì,
ma era bella, bella davvero:
in via dei Matti, numero 0
+ Finale alternativo +
Lì c’era Vlad, livello 0”.
Walter non poté far altro che emettere un gemito terrorizzato e poi girarsi di nuovo avanti per vedere quanto gli sarebbe costato quel manicomio di assi e macerie che poi gli sarebbe toccato ripulire da solo. Strinse i piccoli pugni e fu assalito da un sospetto: non è che era tutta colpa di Seras, vero?
«Bene, per la miglior ambientazione, tre punti ai Phantomhive!».
Il tabellone si aggiornò:
Hellsing – 11
Phantomhive – 14
Walter si mise le mani fra i capelli, ma anche Integra gli mise le mani fra i capelli, e glieli tirò, portando il suo povero servitore, ancora una volta, sull’orlo delle lacrime. O come scrisse un noto poeta “sull’orlo del tacchino”. Che c’entra questa poesia, direte? Ah, è una poesia ermetica: a voi capire il significato profondo di queste oscure parole, per la serie “M’illumino d’immenso”. Bello.
«Passiamo ai successivi punteggi, in rapida successione. Allora, altri due punti al miglior protagonista, ovvero al miglior Gesù Bambino, che si è senza dubbio dimostrato Walter, in quanto non ha cercato di riprendere saldamente la propria identità urlando il suo nome, come invece ha fatto Ciel. Un punto per la migliore Vergine Maria e uno per il miglior Vergino … ehm, Vergine Giuseppe. Era vergine Giuseppe?»
«No!» gridò Alucard, convinto
«Boh, convinto tu … allora, per la miglior Maria vincono i Phantomhive, con una Meirin che, a parte lo schizzo di sangue dal naso, era perfetta nel suo ruolo. Integra: dovresti essere meno dura»
«Questa è la mia natura» si giustificò lady Hellsing, accendendosi un sigaro tirato fuori da sotto la veste da Madonna blu e rosa
«E la Vergine Maria non fuma!»
«Non sono la Vergine Maria!»
«Appunto: pessima interpretazione. Per il miglior Giuseppe, che dire, è stata una scelta molto difficile: Sebastian, per essere un demone, ha dato prova di essere uno splendido santo. Ma la scelta della giuria è ricaduta su Alucard perché si è veramente creduto San Giuseppe e ha anche preso in braccio il maggiordomo. Per il sacrificio compiuto, a lui spetta il punto del miglior san Giuseppe!».
Walter sbuffò e borbottò
«Non è giusto, sono io che l’ho fatto il sacrificio, non possono lodare lui!».
Finnian saltellava per la stanza
«E i re magi, e i re magi!» gridava, ritmicamente «Premiate i re magi!»
«Non è possibile premiare nessuno per la miglior “re magio interpretation”» lo informò la voce, con freddo distacco «Perché la squadra degli Hellsing non disponeva di re magi facenti parte del gruppo, ma dei nostri Grozzi i quali si sono immedesimati nel trio. Pertanto passiamo alle seguenti premiazioni. Per il ruolo comico migliore … Finnian!».
Il giardiniere dei Phantomhive saltò in aria e sbucò il tetto con la testa. A dire il vero rimase con la testa incastrata nel tetto e iniziò a mugolare terrorizzato, cercando di staccarsi e avendo come risultato solo una pioggia di detriti che le sue mani super forti strappavano via dall’intonaco bianco.
Sebastian, con calma, staccò il ragazzino prendendolo per i piedi e lo depose in piedi accanto a se.
«Bene, il miglior ruolo comico vi frutta ben due punti!» Continuò la conduttrice, ignorando volutamente quello che era appena accaduto, mentre invece in redazione si stavano spanciando dalle risate «E continuiamo con le premiazioni: miglior spirito creativo per Finnian ancora una volta, grazie alla sua affermazione sui bambini di tutto il mondo! Infatti questa frase non è presente in nessuna delle tante interpretazioni della natività e trasmette un messaggio profondo … anche se non necessariamente i bimbi color verdolino vomito esistono. Bene, un punto per i Phantomhive! State andando fortissimi, ragazzi! Bene, e adesso il premio finale, quello di ben tre punti, per la miglior interpretazione assoluta».
Silenzio di tomba. Sguardi di gelo. Sebastian e Alucard si guardavano: sapevano bene di essere i migliori. Alucard si era preparato a lungo per quella parte e non solo: sapeva anche di avere l’aspetto giusto, quello di un quarantenne vissuto, e non come Sebastian, un giovincello anoressico e affilato con il temperamatite con gli occhi da femminuccia dolce bordati di ciglia che non si possono avere uguali neanche se ti riempi di rimmel di ottima qualità. Quanto a Sebastian, lui sapeva di avercela messa tutta: era stato teatrale e dolce, niente a che vedere con la materialità scarna di quel barbaro di Alucard, il quale pensava così tanto alle cose terrene da dimenticarsi l’assoluto stupore che avrebbe dovuto mostrare e che avrebbe dovuto cancellare ogni altra consapevolezza. Insomma, i due capisquadra si guardavano in cagnesco (e gattesco), ognuno pensando ai propri punti di forza, ma sempre incrociando le dita dietro la schiena.
La voce della conduttrice parlò allegramente
«Tre punti vanno alla famiglia Hellsing …».
Alucard alzò le braccia vittorioso di fronte a Sebastian che stava per afflosciarsi teatralmente al suolo come un sacco vuoto.
« … Grazie alla magistrale interpretazione di Andersen!».
Qualcosa si ruppe nei cuori dei capisquadra, qualcosa che non sarebbe tornato mai più … Andersen aveva fatto la miglior interpretazione?
Beh, si, in effetti Alucard doveva ammettere che più di una volta aveva creduto di avere un vero bue accovacciato dietro di se: insomma, l’odore e la stazza erano quelli e il muggito era talmente realistico che una mucca vera, al suo cospetto, sarebbe sembrata di plastica, di quelle che hanno sulla pancia il meccanismo che suona se lo schiacci.
Il tabellone venne aggiornato con il punteggio definitivo della prima settimana trascorsa nella casa del grande macello
Hellsing – 17
Phantomhive – 18


giovedì 14 gennaio 2016

Capitolo 26 - Preparazione della settima prova

Cap. 26
Preparazione della settima prova

La notte passò in fretta, perché senza Alucard che giocava ai videogiochi era uno spasso sonnecchiare placidamente. Certo, Finnian sognò che Tanaka-san moriva in ospedale, a causa di un’iniezione sbagliata, e Bard sognò che Tanaka-san si era beccato l’Aids, la tubercolosi e la peste bubbonica, ma questi sono solo dettagli vero? Ah, e Ciel aveva di nuovo bagnato il letto. E non era sudore … cioè, non solo sudore. Sebastian era leggermente stressato a dire il vero … anche questi dettagli? Non credo. Ok, potremmo anche dire che la notte passò in fretta, ma non fu una notte del tutto serena.
Quanto agli Hellsing, loro erano riposati per quanto potevano esserlo i partecipanti al reality più bastardo dell’ultimo secolo. Insomma, Integra aveva dormito come una principessa sopra cinquanta materassi, ma senza il mitico legume sotto di essi, Alucard e Seras avevano silenziosamente saltellato per tutto il castello (ok, più che una casa è un castello, cosa c’è di male?) e Walter si sentiva le braccia a pezzi a causa del lavoro sfiancante alla quale era stato sottoposto il giorno precedente.
Erano tutti già svegli quando il famoso “risveglio” uscì dagli altoparlanti. In questo caso si trattava di una canzone piuttosto famosa che ricorderete di sicuro … ricorderete di certo “Waka Waka”, vero? So cosa state pensando e, lo so, lo so, l’avevano già usata Waka Waka, ma … non avevano mai sentito la versione in spagnolo, giusto?
Tutti, al risuonare della canzone più famosa e terribile del mondo, si riunirono immediatamente nella sala grande per far smettere quella canzoncina da scempio mondiale. Non che fosse orrenda, ma a prima mattina sentirsi risuonare nelle orecchie urli di negri e versi di rigurgito non è esattamente il massimo.
«Ehilà!» salutò la voce dagli altoparlanti, su uno dei quali era comodamente appisolato Schrödinger, stravaccato comodamente ma che non dava segni di volersi svegliare neppure con Waka Waka «Pronti per un’altra entusiasmante prova?»
«No» fecero tutti in coro i partecipanti, alcuni esasperati e altri di umore particolarmente dispettoso
«E io ve la faccio subire lo stesso! E poi, ehi ragazzi, non deprimetevi adesso, ci saranno ancora un sacco di prova da fare. Rischiate l’esaurimento nervoso!» gli fece con voce solare, raggiante «Ma adesso passiamo al dunque: dovete prepararvi per la prova di stasera, che consisterà nel … presepe vivente!»
Gli Hellsing guardarono sogghignando Walter che scrollò le spalle: sarebbe di sicuro toccato a lui mettersi il pannolino e fare il piccolo Gesù.
I Kuroshitsujiani guardarono preoccupati Ciel che restituì rabbiosamente l’occhiata con l’occhio solo: lui era l’unico che poteva fare Gesù Bambino, e non tutti erano convinti che fosse all’altezza
«Su, forza! Mi sa che dovete organizzarvi un pò … e per nostra gentile concessione vi diamo anche i vestiti»
Proprio in quel momento i Grozzi fecero la loro grozza apparizione. Tutti portavano una scatola diversa. Il “tutti” comprendeva due agenti Grozzi, o Tizi Vestiti come Agenti dell’FBI. Consegnarono una scatola agli Hellsing e una ai Phantomhive «Queste» proseguì la voce «contengono il necessario per l’interpretazione. Indossateli seguendo i vostri personaggi. E mi raccomando, non vestite Gesù da Madonna e Giuseppe da Re Magio, o come diavolo si dica. Bene, vi basti sapere che, per riprendere punti, cominceranno i Phantomhive»
«Ma così cominciamo sempre noi!» si lagnò Finnian «Quando siamo in svantaggio per guadagnare punti e quando siamo in vantaggio per mantenere il titolo e rimarcare la supremazia! È così ingiusto!»
«La vita è crudele, baby! E comunque si, inizierete sempre voi, è la vostra condanna. Ma bando alle ciance! Preparate le ambientazioni e tutto ciò che vi serve! Go, go, go!»
«E quello che ci serve dove sarebbe?» obiettò Walter, alzando un indice
«Là» disse la voce, mentre i Grozzi presenti provvedevano a indicare il punto.
Roba su roba su roba su altra roba ancora.
Carino.
Ennesimo imprevisto: i nostri eroi avrebbero dovuto trasformare la roba in qualcosa di utilizzabile. O almeno così credevano, visto che era tutto normale, ma si era un pò … afflosciato durante il viaggio.
Certo, poi, il fatto di dover costruire una capanna e il paesaggio circostante in circa diciannove ore, fra i litigi e i disaccordi vari non aiutava.
Ma almeno, i nostri cari ragazzi della casa del grande macello ci provarono.
I Phantomhive, ovviamente, lasciarono fare tutto a Sebastian mentre Ciel si beveva il thè e la servitù si deprimeva per l’accaduto al povero Tanaka-san, mentre Finny piangeva preso dai sensi di colpa.
Schrödinger di svegliarsi manco a parlarne: continuava a stare sdraiato e ciò che faceva capire che era ancora vivo erano il respiro e le orecchie che si muovevano. Oh, e la coda che continuava a ondeggiare peggio dei fiori bianchi nel cortile interno.
Senza contare che adesso potevano avvalersi dell’aiuto di Padre Andersen che, trattandosi di inscenare la Natività cristiana, si mise d’impegno e buona volontà e lavorò alacremente, più di tutti gli altri, finché non ebbe finito tutta la sua parte di scenografia e si ritirò piamente a pregare nella sua camera. Seras sospirò di sollievo, sperando che quel mostro non tornasse … peccato che il prete fosse assolutamente obbligato a fare una cosa del genere.
Nel frattempo, i conigli si guardavano intorno, da dentro l’armadio. Conigliomane dette il via libera. Si, può sembrarvi strana una frase del genere, ma pensavate che dessimo dei conigli normali ai nostri prigion … amici?
Erano intelligenti. Intendo, molto intelligenti. Bhè, a parte Mastahrello che era tanto ma tanto deficiente. E forse Sigaro che era stato un pò sballottato.
I conigli uscirono furtivamente dall’armadio in cui erano stati riposti con cura per evitare di fuggire. Ma Conigliomane era un esperto di fughe, come già detto, e di imprese eroiche, e riuscì a trovare un modo che non riveleremo. Anche perché non lo sappiamo …
Mastahrello fu irresistibilmente attratto da un particolare della parete e si avvicinò al muro. Come i suoi compagni scoprirono un millisecondo dopo era attratto dal muro. Più precisamente dallo spaccarsi la testa contro il muro.
Baionetta lo guardò con aria di compatimento estrema, abbassando persino un’orecchia in modo singolarmente buffo. Conigliomane prese a testate Mastahrello finché questi non capì che l’intento della missione non era sbattere ripetutamente la testolina, e allora li seguì.
Si dia il caso che i conigli non ne potevano più di stare chiusi e avevano fame. Quindi il primo posto che venne in mente al capo della fila, ovvero Conigliomane, fu il cortile interno. Insomma, vegetali ce n’erano pure tanti, e lì gli umani non ci si avventuravano quasi mai. Solo quello che si prendeva cura di lui era entrato e non sembrava esserne rimasto molto contento.
Conclusione: il posto era libero e per conigli affamati.
Ma i membri del folto gruppo dei conigli appartenenti ad entrambe le parti (anche gli altri, guidati da Annette, erano riusciti a liberarsi) cominciarono a mancare. Dapprima persero Sigaro, che si buttò a capofitto contro un caminetto e fece il suo solito “mi-faccio-male-vado-via-lo-dimentico-mi-rifaccio-male” con il fuoco.
Poi Mastahrello non volle più sentire ragioni e si buttò contro il muro tante volte fino a intontirsi, svenne e si accasciò sul terreno.
Quattr’occhi rimase incastrata sotto una libreria che le era misteriosamente caduta addosso. E misteriosamente è una parola del tutto “inazzeccata”, visto che sapevano tutti che Quattr’occhi, proprio come Meirin, aveva la brutta abitudine di farsi cadere tutto addosso.
I sopravvissuti, con Conigliomane e Annette che sfilavano davanti a tutti, si diressero verso il paradiso dei lagomorfi, oltrepassando la stanza di Angel Dust e dirigendosi a saltelli veloci verso la loro meta …
Erano arrivati. Nonostante le perdite, ce l’avevano fatta.
Tutti alzarono i musi stupiti. Il posto su cui circolavano migliaia di terrificanti leggende, il proibito cortile interno, la terrificante prigione dei perdenti era un posto favoloso.
C’era il Sole, nonostante fosse un cortile interno, e nell’aria svolazzavano farfalle variopinte, poco numerose ma presenti.
L’erba era sterminata e di un colore sano e intenso, e i fiori bianchi si erano chiusi per lasciare la scena a un sacco di fiori policromatici, un arcobaleno che si stendeva su tutto il famoso prato. Il muro, quello che agli occhi del maggiordomo degli Hellsing era parso inquietantemente fuori posto, era baciato dai raggi della stella enorme e forniva una comoda e fresca ombra per il riposo. Dietro di esso, vi erano annidate … si, delle carote.
Ci prendiamo cura dei nostri animaletti, no?
L’edera sulla struttura forniva un contrasto solare, e l’intero posto non aveva proprio niente di solare. Piuttosto in stile “giornata di sole in riva al mare”. Insomma un bel paradiso.
Gli animaletti si fiondarono senza esitazioni all’interno del posto proibito, e ognuno scelse il proprio posto e il proprio ruolo.
Il capo della gang era il temibile Piscio, i suoi subordinati più vicini erano Baionetta e Annette. Poi veniva l’essenziale scassinatore e guardia Conigliomane, un pò il tecnico del gruppo, subito seguito in quanto a grado gerarchico da Sigaro e Quattr’occhi, Orbo e Mastahrello erano gli ultimi, in fondo alla gerarchia conigliaria, e alla fine di tutti c’era il misterioso e silenzioso, quasi invisibile Oh oh oh.
E così fu stabilita la gerarchia dei lagomorfi mutanti. No, non erano esattamente mutanti, ma avevano subito un paio di ehm … esperimenti al loro cervellino e diciamo che erano diventati … uhm … assi della matematica?
Ma lasciamo un attimo perdere i conigli e le loro avventure, torniamo a vedere cosa stava succedendo alle nostre due squadre.
Alucard era seduto sul pavimento a gambe incrociate e meditava in silenzio, guardandosi i piedoni. Si era tolto gli stivali e mostrava un paio di pesanti calzettoni invernali stampati a pipistrelli con faccini gioiosi. Ovviamente non era stato costretto a indossare una cosa simile, anche perché dubitiamo grandemente che questo capo di abbigliamento si trovi anche nei negozi, ma immaginava di essere vestito così e la sua immaginazione gli permetteva di mutare forma e di assumere persino un abbigliamento diverso.
Walter lo guardò di sottecchi, poi, dopo aver aggiunto un’altra manciata di muschio al tetto della rudimentale stalla costruita in un battibaleno, si voltò di scatto e urlò
«Ma è possibile che grande e grosso come sei non fai mai niente?!»
«Zitto» Alucard, con il gesto ampio e morbido di un guru pieno di pace e amore, alzò una mano «Non vedi che sto meditando su quanto la vita sia ingiusta?»
«No, vedo solo che non stai facendo un ca …»
«Un bambino non dovrebbe mai dire le parolacce» lo interruppe il vampiro, chiudendo gli occhi
«Bastardo! Non stai facendo un tubo di niente, anche se grande e grosso come sei dovresti essere tu ad occuparti della costruzione degli edifici!»
«Mi sto occupando di …»
«Tu non puoi nemmeno meditare sull’ingiustizia della vita!» Walter battè un pugno chiuso sul palmo aperto dell’altra mano, in maniera trionfale «Caspita, sei anche morto! Tu non ce l’hai una vita!»
«Ah?» Alucard riaprì di colpo gli occhi e battè le palpebre perplesso «Come, come non ho una vita?»
«Ormai sono cinquecento, no, seicento anni che sei un cadavere!».
Alucard si alzò in piedi lentamente, guardandosi le mani inguantate di bianco. Qualcosa di deprimente e oscuro si impadronì di lui
«Chi sono?» mormorò «Cosa sono diventato?»
«San Giuseppe» rispose Integra, seccamente, buttandogli in testa una pezza marrone «Legatela al cranio, come un terrorista iracheno».
Alucard sbuffò, poi parve illuminarsi e prese la pezza che aveva in testa
«San Giuseppe!» esclamò «Ma certo, ma certo!».
Walter, allarmato, retrocesse fino ad affiancarsi a Seras e Integra, che come due brave ragazze (straordinario, Integra non si comportava mai come una ragazza) stavano scegliendo i vestiti
«Hey» disse «Mi sa che si è appena convinto di essere San Giuseppe»
«Il Mastah si crede san Giuseppe?» Seras sorrise «Ma lui è il Mastah, non è san Giuseppe!»
«Lo so, ma … quando ha queste crisi non si capisce mai bene se faccia finta oppure no. Ti ricordi quando ha detto di essere un principe?»
«Lui è un principe» corresse Integra
«Ma non era un conte?»
«No. Tutta colpa di Bram Stoker e del suo romanzetto da quattro sol …»
«Non offendere Bram Stoker!» strillò Alucard «Quello è il mio autore preferito!»
«Fantastico, a san Giuseppe piace Stoker …» Integra represse l’impulso di ridacchiare, lei non ridacchiava mai, lei sogghignava malignamente oppure rideva, non c’erano vie di mezzo « … Allora, san Giuseppe, che  ne pensi di iniziare a prepararti? Gesù, tuo figlio, nascerà fra poco …»
«Gesù non è mio figlio!» Alucard sembrava offeso «Maria mi ha messo le corna, sicuro come la morte. Dice che Gesù è il figlio di Dio portato dall’Arcangelo Gabriele. E sai chi è l’Arcangelo Gabriele? Il nostro vicino di casa! Ma non potevo portarglielo io il figlio di Dio? No, la realtà è che una pulzella come Maria mi trova troppo vecchio … e io che le voglio tanto bene …».
Integra aprì leggermente la bocca per lo stupore, facendo ciondolare mestamente il sigaro, probabilmente la più grossa espressione di incredulità che il suo viso era capace di proporre. Alucard si credeva davvero San Giuseppe? E se era così, quanto sarebbe potuto durare?
«Ecco!» Esclamò Walter, esasperato «Hai visto? Il vampiro si crede san Giuseppe …»
«Alucard» Integra afferrò il vampiro per il fiocco rosso e lo tirò verso di se «Tu sei Alucard, non san Giuseppe. Tu sei Drac … »
«Lo so» Alucard sorrise nella sua maniera truce, ben poco da santo «Solo che volevo entrare nel personaggio. Ci ho messo mezz’ora di meditazione per capire come comportarmi da San Giuseppe, ma dovevo veramente sentirmi come lui per farlo. Adesso … avete rovinato tutto!»
«Stupido vampiro, non farci preoccupare, tu e la tua interpretazione dei personaggi!»
«Mi dispiace, my Master! Ma intendevo solo portare più punti alla squadra con un’interpretazione decente …»
«Figurati» Integra lasciò andare il fiocco rosso del vampiro e si mise le mani sui fianchi, per apparire più imponente forse, anche se non ne aveva alcun bisogno «Tu neanche ci somigli a San Giuseppe! Ti avrebbero preso per un pazzo troppo zelante … sai cosa dovresti fare?»
«Cosa?»
Integra si passò una mano sul viso, lentamente «Fatti crescere la barba»
«Cosa?» Alucard retrocedette «Ma io sono un vampiro, sono morto! Come diavolo faccio a farmi crescere la barba?»
«Per prima cosa, so benissimo che puoi assumere l’aspetto che immagini. L’unica cosa che di te non può mutare sono gli occhi, che rimangono sempre e comunque rossi. Per seconda cosa … adesso facciamo uscire il tuo livello zero»
«No, my Master!» Alucard si gettò in ginocchio «La mia parte Vlad è addormentata da un bel pò di tempo, se si sveglia senza che questo avvenga di sua spontanea volontà, potrebbe diventare nervoso! E sai com’è Vlad nervoso, no?»
«No. Con me non è mai stato nervoso» tagliò corto Integra, poi sogghignò in quella maniera malvagia che la contraddistingueva, con il sigaro all’angolo della bocca «Sai, è ora di fare uscire il principe. Lui sarà un buon santo … dopotutto, era o non era lui che in nome della croce combatté contro i turchi?»
«Ti prego, my Master!»
«Lady Integra Hellsing, siamo sicuri che è proprio necessario?» chiese Walter, tormentandosi le mani
«Mastah …» mormorò Seras, lasciando la bocca aperta e facendo si che tutte le mosche ci entrassero
«Si» rispose lady Hellsing, togliendosi il sigaro di bocca «Per il patto di Cromwell, ordino che tutte i sigilli e le relative restrizioni vengano sciolte. Livello zero».
Un’oscurità fitta avvolse Alucard.
«Mastah …» ripetè Seras, sputando fuori le mosche.
E al posto di Alucard comparve …
Nel frattempo (si, vogliamo creare la suspence) la famiglia Phantomhive sembrava cavarsela meglio. Forse perché l’unico a lavorare era Sebastian ed essendo egli un maggiordomo demoniaco era efficientissimo e perfetto nei minimi dettagli.

Per non parlare del paesaggio intorno alla capanna: nonostante il materiale fornito fosse inservibile (in realtà era utilizzabilissimo! N.d.R le autrici sono stizzite) l’ambiente attorno alla capanna perfetta, che sembrava regale quanto bastava per dire che Ciel Bambino non sarebbe nato in una vile stalla da straccioni, era assolutamente impagabile. Le montagne erano realisticissime, nonostante fossero state create con un materiale sottile … carta pesta marrone, ogni singola curva o spigolo di una montagna reale era riprodotta con perizia inumana, e, incredibile ma vero, c’era anche un albero, un enorme abete. Non si sa come fosse lì, non si sa da dove fosse apparso, ma sospettiamo un’insubordinazione da parte dei Grozzi … che peraltro furono prontamente puniti.
Il muschio era messo precisamente verso nord, né più né meno, e in questo caso, senza ribellioni grozze in mezzo, era vero e morbido.
Più in là c’era anche una perfetta, seppure futile, riproduzione dell’edificio troppo pieno più vicino, quello che non aveva voluto ospitare Giuseppe e Maria. Era arci-stra-fantasticamente realistico.   
Tutti i Kuroshitsujiani indossavano i loro costumi, preparati da Meirin che, almeno questo, lo sapeva fare bene.
Giuseppe era interpretato da Sebastian Michaelis, che si era munito di barba, così realistica da essere stata fatta … con il pennarello. Possedeva per la recita un bastone di legno nodoso e, citando lui, “rude e barbaro”. Indossava una specie di abito lungo e marrone, piuttosto largo e stretto in vita da una corda spessa e dura, dorata. Era inflessibile e, come Alucard, aveva intenzione di entrare nel personaggio per essere il migliore.
Maria, la Super Sayan … la Santissima Madonna (scusate per la confusione di S.S.), era interpretata da Meirin. Per l’occasione, si era persino tolta gli occhiali per un’interpretazione verosimigliante della Madonna. E diciamo che i suoi occhi erano niente male. I suoi capelli, per la prima volta, erano liberi, ed erano … strani, visto che nessuno li aveva mai visti liberi. Indossava un vestito lungo, di un bel turchino chiaro, con quella specie di scialle che Maria usava mettersi in testa, in questo caso di colore rosa. I capelli fucsia non aiutavano di certo per l’interpretazione realistica. Era agitata, si muoveva in continuazione, e non sembrava avere voglia d’immedesimarsi.
Gesù Bambino, il Santo per eccellenza e fulcro della santità in terra, era interpretato da Ciel Phantomhive. Il suo abbigliamento comprendeva: un pannolino. E stop. Non aveva neppure la benda, visto che Gesù, a pensarci bene, non era nato cieco da un occhio, mi pare. Certo, non era neppure nato con uno strano ghirigoro viola su un occhio enorme, non aveva i capelli blu e non era rancoroso e borioso e non era fissato col thè. Insomma, Ciel non era esattamente un delizioso Gesù. Il Conte, guadando tutti negli occhi, continuava a ribadire come un deficiente di essere Ciel Phantomhive. Da questo possiamo capire che non gli andava di farsi passare per Gesù. 
Finnian e Bard facevano i Re Magi. In origine, i Re Magi dovevano essere tre, ma mancava Tanaka-san., Che dire? Il terzo Re Magio era infortunato per emorragia da scivolamento su saponetta di tizio sbadato.
I due dovevano portare teoricamente Finnian l’oro e Bard la mirra, ma il giardiniere (era più forte) fu costretto a portare anche l’incenso, e cominciò da subito ad assorbirsi quel delizioso odorino e impuzzarsi, rendendosi sgradevolmente simile all’odorato dei suoi compagni a una moffetta.
Nonostante questo i loro vestiti avevano tutta l’aria di essere molto, molto preziosi. Erano tipici arabi, lunghi e avvolgenti, pieni di ricami. Quello di Bard era verde con ricami rossi e blu, quello di Finnian blu con ricami di oro puro.
«Non è leale» strillò Bard, alzando infantilmente, o teatralmente, i pugni al cielo «Autrici della malora, perché non date anche a me un bel vestito?»
«Infimo cuoco!» tuonò l’altoparlante, solenne «Non ti doniamo un bel vestito … perché non ci piaci»
«Ma questo è favoritismo!» piagnucolò il Kuroshitsujiano, abbassando i pugni «Non vale!»
«Siamo noi le conduttrici» disse autoritaria la voce «E stop, prima che ti puniamo!»
«Perché parli con il “noi”?»
«Perché mi piace»
«Perché ti piace?»
«Perché mi fa sentire importante»
«Perché ti fa sentire importante?»
«Perché non te ne frega niente»
«Perché non me ne frega niente?»
«E io che ne so? Scoprilo da solo!» fece la conduttrice, trionfante, poi le altoparlanti si spensero.
Schrödinger iniziò a correre in giro per la stanza, terrorizzato. Si era appena addormentato su un coso che ruggiva! Bhè, il coso che ruggiva era l’altoparlante, a dirla tutta … ma era un coso che ruggiva!
Integra lo afferrò per un’orecchia felina e lo tirò a sé mentre quello piangeva di spavento e soprattutto dolore.
«Ahia! Le orecchie! Lasciami!» strillò mentre si agitava, tentando di divincolarsi dalla presa d’acciaio della donna
«Finiscila, allora, di correre in tondo e svanisci. Non vorrai farti male, spero» rispose lei, pacata, tirando, come a sottolineare tutto, un’ultima volta l’orecchio al cat-boy «Di rogne ce ne hai date già troppe, Schrödinger»
Con un puf soffocato, il nazista svanì nel nulla.
Alucard, nel frattempo, era diventato Vlad III di Valacchia, ovvero se stesso quando era ancora vivo. Mai sentito parlare del principe impalatore, kaziglu bey? No?
Facciamo finta di no. Ma è veramente difficile che voi non conosciate Dracula.
In ogni caso Alucard sembrava molto cambiato. Era, innanzitutto, notevolmente più basso, sul metro e ottanta, e poi sembrava più … umano, forse? Forse era quello l’effetto che facevano i baffoni neri come catrame che gli erano appena spuntati sopra il naso prominente, correlati da una barbetta scompigliata che si faceva più folta in corrispondenza del centro del mento, dove formava una striscia color carbone.
I capelli, che di solito erano spettinati e tutti riversati su un lato della testa, con quella frangia pesante, erano parecchio più lunghi, sfioravano i fianchi, e si arricciavano morbidamente.
Baffi, barba, capelli lunghi. Sembrava un principe a tratti e a tratti uno appena scappato da un campo di concentramento, con tanto di occhiaie violacee sotto le palpebre pesanti e i denti spessi, animaleschi, che spuntavano dalle labbra atteggiate a un sorriso leggero. Niente paralisi facciale, niente braccia lunghe come quelle di un orango, quasi, se non fosse stato per il naso e per gli occhioni rossi, non sembrava neppure Alucard.
Un’armatura medioevale, pesante, ricopriva il suo corpo tarchiato: le placche metalliche risplendevano alla luce artificiale della stanza, mandando lugubri bagliori. Un mantello rosso gli cingeva le spalle e ricadeva lungo il dorso, formando drappeggi di velluto, ma la sua estremità era irregolare e stracciata, come a ricordare che quell’ornamento non apparteneva a un re qualunque, ma ad un guerriero.
Integra, appena ebbe visto scomparire nel nulla Schrödinger, si voltò verso Vlad. Represse un sospiro: per lei, quel guerriero rude rappresentava il coronamento degli sforzi della famiglia Hellsing.
Vlad Dracula, l’uomo che non fu vinto neppure dalla morte … si, apparteneva a lei adesso, apparteneva agli Hellsing, gli unici che mai lo avessero piegato.
Vlad abbassò la testa docilmente e poco non ci mancò che si inginocchiasse, rispettoso
«Eccomi, come desideri, Integra» mormorò, la voce che si inabissava profonda e variava di tono secondo quello che era l’accento rumeno
«Molto bene, Alucard» lady Hellsing preferiva continuare a chiamarlo con lo stesso nome, tanto per non perdere la percezione dell’identità del vampiro «Adesso devi indossare il vestito da San Giuseppe …».
Non ebbe neanche bisogno di dirlo: Vlad iniziò a levarsi l’armatura lì, in mezzo allo stanzone. Di fronte a tutti … Seras gli si piazzò davanti, con le braccia spalancate
«Ahhh! Il Mastah non si guarda!» strillò allarmata, mentre alle sue parole faceva da sottofondo il rumore dei pezzi dell’armatura che cadevano pesantemente a terra.
Finnian si girò, con la faccia di uno che ha subito un bruttissimo choc, con gli occhi spalancati a guardare il vuoto … il pavimento, più che altro, imitato da Bard che aveva piuttosto una faccia disgustata.
Sebastian rimase impassibile, mentre Ciel,si copriva gli occhi con le mani come un bimbo innocente.
Meirin aveva gli occhi spalancati, ma non era girata dall’altro lato. Senza alcun preavviso, dalle sue narici sgorgò un fiotto di sangue rosso e intenso, continuo. Reclinò la testa, mentre il fiotto, esagerato per appartenere a un comune essere umano, zampillava imperterrito. La cameriera stette immobile, così, mentre pronunciava una lunga fila di «Ah … ah … ah …» da persona agonizzante schiacciata da un camion con rimorchio.
I Kuroshitsujiani si allontanarono, cauti e preoccupati, mentre Seras si avvicinò. La sua indole di vampira gli aveva assolutamente imposto di andare a bere quel sangue. Era un’occasione imperdibile! Quell’umana stava facendo la fontanella, e mentre lei non faceva nulla di male il sangue non sarebbe perlomeno andato sprecato, non avrebbe sporcato il pavimento e Waltah-san non si sarebbe lamentato. Vantaggioso per tutti, no?
Peccato che, così facendo, lasciò sprovvisto di censura il suo master.
Walter si tappò gli occhi esclamando cose del tipo «Aaah! Mi si blocca la crescita!», mentre Integra rimaneva assolutamente impassibile e imperturbabile.
Seras, che aveva appena iniziato a bere come si farebbe da una comune fontanella, si accorse delle frasi del maggiordomo dell’Hellsing e si girò, allarmata. Si accorse della gravità del suo errore … ce lo avrebbe avuto per sempre sulla coscienza! Aveva appena lasciato il Mastah senza censura!
Combattendo con l’impulso di prosciugare Meirin, corse per andare a pararasi nuovamente davanti a Vlad, sforzandosi di ignorare l’appetitosa cameriera.
«Mastah! E tu non dici niente? Vedi che ti guardano!» gli urlò la Police Girl, scuotendo la testa e aprendo la bocca come un forno nell’esclamare un lunghissimo, finale “Mastaaahhh!”.
Vlad era rimasto in mutandoni di pelliccia marrone e nera di marmotta transilvanica che, tanto per farvi immaginare la scena, faceva pendant con il tappeto pelliccia del tutto naturale e viva che si ritrovava sul petto e sui polpacci costellati di cicatrici. Senza preoccuparsi più di tanto, il guerriero si strinse nelle spalle e commentò con filosofia impeccabile
«Lascia che guardino pure, non neghi ai visitatori di un museo di guardare un’opera d’arte, vero?»
«Mastahhh!» Seras pestò i piedi per terra «Non fare il pervertito!»
«Io?» Vlad si infilò la tunica da San Giuseppe e si tirò il cappuccio sui riccioli neri, lasciando sfuggire solo la frangia «Sono loro che guardano me, non il contrario» le sue labbra si strinsero per qualche istante con disappunto, poi sfuggì una breve risata «E comunque non sarai tu a dirmi cosa devo fare e cosa no, giovane vampira»
«Non mi hai chiamata Police Girl!»
«No. Hai un nome: Seras Victoria. Dannazione, hai già intrapreso il cammino delle tenebre, non vedo il motivo per cui dovrei ancora chiamarti con quel ridicolo nomignolo, non credi?».
Seras iniziò a saltellare di gioia e Walter si mise le mani fra i capelli: sapeva bene che se Seras avesse continuato così, quello che sarebbe rimasto delle pregiate scenografie e di tutto il suo lavoro sarebbe stato un mucchio di polvere e assi pestate.
Integra si mise il vestito da Madonna sopra il completo in giacca e cravatta
«Bene» disse, ancora con il sigaro fra le labbra «Vediamo di calarci un poco nel personaggio, che ne pensi, Alucard?»
«Un’ottima idea, my Master» Vlad si stava allacciando i sandali, abbassato, e la risposta, avendo il diaframma e i polmoni contratti, gli venne leggermente sfiatata.
Integra diede un buffetto sulla testa del vampiro e poi gli tolse il cappuccio
«Non coprirli» disse, indicando i capelli «Stai molto meglio così».
Alucard, sottoforma di personalità rintanata nella testa di Vlad l’impalatore, si stava mangiando le sue mani incorporee.
Quanto a Vlad, se avesse potuto arrossire lo avrebbe fatto: il contatto fisico con il suo master lo lasciava sempre un pò sorpreso e comunque lo intimoriva abbastanza. Al contrario della personalità di Alucard, che nulla aveva di umano e tutto aveva di un cucciolo mostruoso, Vlad si comportava in maniera più rispettosa e distaccata. Si, direte, erano la stessa persona, ma rimanevano comunque due facce di una stessa moneta, due caratteri dominati dal desiderio di violenza, ma con pensieri ed emozioni diverse.
Integra, dal canto suo, sapeva bene che ogni volta che toccava Vlad lo metteva in imbarazzo: era proprio per questo che non si faceva sfuggire occasione di mettergli le mani addosso, per dimostrare chi comandava, chi poteva prendersi la libertà di fare ciò che voleva.
Perdinci, era o non era una Hellsing?
Quanto a Walter, lui aveva tanta voglia di rintanarsi in un angolo. Odiava Vlad, lo aveva sempre odiato, e per di più lo aveva appena visto mezzo nudo in mutandoni di pelliccia … con tutte quelle cicatrici biancastre frastagliate e i peli, bleah, che orrore … il maggiordomo si mise le mani sulla bocca, soffocando un conato di vomito. Strano, Walter sopportava benissimo la vista di ghouls affettati e non quella di un uomo mezzo nudo … beh, di un uomo come Vlad, per intenderci, che non era proprio carino e delicato.  
«Mastah!» esclamò la Police Girl, su di giri «Io che faccio?»
«Sarai … cosa può fare? Ci sono!» esclamò «La stella cometa!»
«La stella cometa, Mastah? E dove lo abbiamo un vestito da stella cometa?»
«Ti avvolgiamo nelle luci colorate, gialle» propose Integra, che faceva davvero uno strano effetto conciata da Madonna «E ti appendiamo al soffitto»
«Un’ottima idea, Master» approvò Vlad, con un’aria servizievole
«Siii!» gioì Seras, prendendo a pugni l’aria con fare vittorioso «Farò la stella cometa!»
Così la Police Girl fu presa e avvolta nelle luci colorate, che di solito si mettono per adornare gli alberi di Natale. Dopodiché fu consegnata ai Grozzi che, facendo un lavoro a catena, se la passarono fino a essere data a uno dei Grozzi su una scala che la salì e riuscì ad appendere la vampira al soffitto. E così, immobilizzata e felice, Seras adempì al suo compito e si calò nella sua preziosa e indispensabile parte.
Walter fu letteralmente costretto a indossare quello che si definiva comunemente “pannolino”. Diventò rosso, protestò, iniziò a urlare, ma a causa dell’intervento di Integra fu tutto inutile. Non si disubbidisce al Master Integra, mai, mai e poi mai. Almeno nell’interesse dell’imputato.
E fu così che tutto fu pronto quando arrivò Alexander Andersen. La sua massa enorme, coronata dal ciuffo di corti capelli biondi sparati in aria, comparve nel corridoio con gli occhiali tondi brillanti di luce riflessa e caracollò mestamente fino ad avvicinarsi al lato dei Phantomhive.
Fu inutile che Sebastian cercasse, garbatamente, di mettersi davanti per evitare che il prete si avvicinasse a Ciel: Andersen, semplicemente, avanzò come un carro armato e si portò di fronte al piccolo erede dei Phantomhive, chinandosi su di lui
«Che dolce!» esclamò, con il suo vocione roco che voleva, forse, inclinarsi in note dolci e pucciose «Sei proprio un bambino carino, lo sai?»
«Io sono Ciel Phantomhive!» ruggì il “bambino carino”, mettendosi in punta di piedi e gonfiando il petto «E sto interpretando Gesù bambino, perciò ora scostati brutto clericale peloso!».
Andersen emise un “awww” deliziato, esattamente come le fan girl quando si trovano di fronte ad un piccolo, pucciosissimo, personaggio degli anime
«Così piccolino, così giovane, e pure buon cristiano, così dedito alla chiesa … » una delle sue enormi mani si avvicinò al povero, piccolo, faccino di Ciel e un ditone con la nocca pelosa solleticò il mento del ragazzino, in quello che, in via del tutto teorica, era un gesto d’affetto «Sei davvero così tenero, piccolino!».
Ciel spalancò gli occhi, disgustato e terrorizzato al tempo stesso da quella massiccia e molesta presenza, e il marchio complicato presente su una delle due iridi si illuminò di una luce fluorescente
«Sebastian!» gridò, isterico «Toglimi dai piedi questo mostro peloso!».
Andersen non si era mai sentito tanto umiliato in vita sua quanto nel momento che seguì, quando Sebastian riuscì a sollevarlo di peso con le sue braccia esili e lanciarlo dal lato degli Hellsing come se fosse poco più di una vecchia bambola di pezza.
Il prete della sezione Iscariota atterrò con un tonfo schioccante, spaventoso, proprio di fronte ai piedi di Alucard, dove rimase, sdraiato a pancia in giù, per fare l’inventario dei danni. Sentiva la spina dorsale leggermente ammaccata e il ginocchio destro bruciava terribilmente, ma non era niente per uno come lui che, fra l’altro, era un rigeneratore. Cosa significa che era un rigeneratore? Lo scoprirete presto, se non lo sapete già.
Vlad, o Alucard che dir si voglia, guardò in basso socchiudendo gli occhi rossi
«Juda’s Priest, che ci fai qui?» domandò, inarcando un sopracciglio «Strisci ai miei piedi?»
«Ah …» Andersen si mise seduto e si posò una mano su una tempia prima di guardare in alto « … E tu chi diavolo saresti?»
«Non ti ricordi di me, Juda’s Priest?»
«Non so … hai un che di familiare … forse il naso l’ho già visto da qualche parte» d’improvviso Andersen ebbe un’illuminazione e, messosi in ginocchio, abbassò il capo fino al livello dei sandali di cuoio, griffati Dolce e Gabbana, di Alucard «Oh, Potente signore!»
«Finalmente ti sei ricordato di me!» gioì il vampiro, ma trattenne la propria fierezza con noncuranza, strofinandosi le unghie sopra il vestito bruno, all’altezza del petto
«Oh, eterno signore!»
«Grazie, grazie …»
«Oh, unigenito figlio di Dio»
«Beh, grazie, ma …»
«Oh morto e risorto!»
«Si, modestamente …»
«Permettimi di dirti che ti servo da tutta una vita!»
«Grazie, ma …»
«Non c’è amore più puro al mondo di quello che io provo per te, oh divina creatura, e per la passione che …»
«Adesso basta, si sconfina nello schifo!» Alucard si allontanò «Che ti è successo Andersen? Hai passato tutta la vita a cercare di tagliarmi la testa e adesso mi adori? No … aspetta … tu mi ami?».
Andersen si rimise in piedi. Adesso tremava di sdegno, dalla testa ai piedi. Sembrava un cactus messicano quando c’è un terremoto, solo più largo.
«Tu non sei Gesù?»
«No, io sono … Vlad»
«Vlad come …»
«Dracula … eh, volevo dire, Alucard»
«Ghraaaaa!»
Il prete, più che tremare, provocò un terremoto. Con un urlo animalesco e inarticolato, si slanciò con le baionette, prese da sotto il cappotto con abilità e maestria, puntate direttamente contro il “San Giuseppe” che, essendosi appena cambiato, aveva dimenticato un pò più in là il suo spadone, fedele arma che combatté valorosamente al suo fianco per la durata di molte battaglie, a due mani, un arnese grosso quanto … si, insomma … assai. Vlad non poteva fare altro che tentare di sfuggirgli, bhè, si … con una “ritirata strategica”.
Tutti gli Hellsing, più la voce dell’altoparlante, emisero un grido a un'unica voce «Fermati, Andersen!»
E proprio in quel momento, mentre ormai un nonnulla di spazio separava i due grossi uomini, Seras si mise in mezzo. E tutta agghindata da stella cometa, Seras strillò «Hiiiii!»
Padre Andersen, per la sorpresa più che altro, si arrestò di botto e cadde per terra dritto a faccia in giù, e poco ci mancò che rompesse pure il naso contro il pavimento. Vlad spalancò gli occhi, mentre Seras saltellava in giro, avvolta come un salame dalle lucine colorate gialle che, ipnoticamente e a intermittenza, continuavano a brillare in uno snervante accendi-spegni al ritmo di una musica inesistente. Anzi, sembrava che, più che a una canzone natalizia, brillasse a ritmo di quella canzone della pubblicità attuale delle Tic Tac.
“La vita fa tic tac
Il ritmo fa tic tac
Accendi il ritmo della vita con tic tac!
E’ il buon confetto che, più allegria farà
Lo senti il gusto così fresco di tic tac!”
«Come … come diavolo ha fatto a cadere?» Walter la osservò meravigliato, mentre quella continuava a saltellare in giro, intrappolata dalle luci natalizie e sorridendo ebetemente. Anche se “ebetemente” è un termine che non esiste.
I Grozzi alzarono le mani, come a dire “i colpevoli siamo noi”. Sempre devoti alla giustizia i nostri Grozzi! Si … e io sono Hermione Granger … wow, quando si comincia la scuola?!
«E perché lo avete fatto?»
«Perché abbiamo visto l’episodio tre di Hellsing OVA. Solo l’originale, by Kohta Hirano!» tutti gli addetti sorrisero in contemporanea, rivelando una dentatura che avrebbe fatto un’invidia a quella della pubblicità della Mentadent, che già era assai se non moriva di gelosia. Il sorriso brillò per un attimo, per creare un fulgore da vera stella cometa, non esattamente come le luci di Seras … ma soprassediamo, che accecò sia gli Hellsing che i Phantomhive, per un solo attimo.
«Ok …»
«Io ammiro enormemente Kohta Hirano» declamò Vlad, convinto e guardando di traverso Andersen, che continuava a ringhiare rialzandosi. Era la seconda volta che finiva a faccia a terra in  … un minuto?  
«Io gli voglio tanto bene» esclamò Seras, senza smettere di saltellare con felicità senza un motivo apparente. Che anche lei avesse preso un pò della magica polverina di Pollon? Si, quella che se la lanci e la respiri poi ti porta l’allegria?
«Io trovo che sia un grande mangaki» affermò Integra, seria e composta nonostante l’inusuale abbigliamento. Ma il Master è sempre il Master.
«Io lo odio» bofonchiò Walter «Mi mette le fan girl, poi me le toglie, poi mi fa tradire, poi mi manda maglie e gadget imbarazzanti … ecchecavolo! Si starà facendo un bel pò di risate a guardare qua! Giapponese figlio di …»
«Waltah-san!» «Walter!» «Walter!» lo redarguirono i tre dell’organizzazione Hellsing, all’unisono.
Il maggiordomo si corresse appena in tempo. Diciamo che era un maggiordomo che le parolacce le diceva, di solito «di … di giapponesa»
«Ma Waltah-san! Che stavi per dire?» chiese Seras, curiosa
«Una parolaccia» rispose il maggiordomo dell’Hellsing, incrociando le braccia con tranquillità e senza apparentemente vergognarsi
«Ma non si dicono, Waltah-san!» lo rimproverò la Police girl, con aria indignata «Credevo che lo sapessi, con l’età che hai»
«Per l’età che hai sei un pò …» intervenne Integra, con un sorriso cattivo, facendo con la mano il gesto di toccare la testa di un personaggio immaginario che le arrivava più o meno alla vita
«Grazie, Master» ribatté Walter, ironico «E comunque … può sfuggire una, di tanto in tanto, Seras!»
«A me non sfuggono mai!» declamò Seras, mettendosi le mani sui fianchi e alzando il mento, sorridendo fieramente
«Brava, Police Gir …»
«Seras!»
«Va bene, brava Seras …»
«Evvai!» Seras si accorse di essersi appena tolta le luci da albero di Natale nel mettersi le mani sui fianchi, e allora si immobilizzò «Chiamate i Grotti! Loro sanno rimettermeli questi … io non so»
«Chiamate … i chi?» chiese Integra, con una nota di divertimento nella voce. Ovviamente aveva capito il lapsus (l’ovviamente perché era Integra) ma gli piaceva, come dire … umiliare di più l’ignara ragazza poliziotto.
«I Grotti … i Grozzi, i Grozzi!» strillò poi, notando lo sguardo un pò malandrino di Integra
«Brava … i Grotti» il Master fece un mezzo sorriso.
Gli addetti vennero chiamati e Seras venne riappiccicata al tetto con le luci a posto. La domanda era: come aveva fatto quella vampira a scollarsi dal tetto quando era stata legata con una corda spessa al tetto con scotch e Super Attack? Bho … mistero. Il mistero s’infittisce su Italia … Uno!
Questa sera: i rapimenti alieni. Speciale sugli “addotti”.
No, ok? Niente Mistero, anche perché c’era molto di peggio di cui preoccuparsi.
Ovvero che, dopo un frugale pasto consumato sul posto e portato dai Grozzi, doveva avere inizio la prova.
E Andersen non aveva ancora nessun ruolo da fare …


<PAGINA PRECEDENTE
PAGINA SUCCESSIVA> 

martedì 12 gennaio 2016

Capitolo 25 - Primo fuori gioco - Tanaka

Cap. 25
Primo fuori gioco - Tanaka

Ma, che dire, fu una coincidenza o fu tutto calcolato? Per un uomo che entrava nella casa, un uomo ne stava per uscire. Ma partiamo dall’inizio e spieghiamo tutto con più calma:
La famiglia Phantomhive si stava ristorando. Avevano deciso i turni per fare le docce, e per quanto riguardava i ragazzi (visto che le ragazze erano solo due e si erano messe d’accordo all’inizio dell’anno, essendo molto meno caotiche dei maschietti), il primo a fare la doccia avrebbe dovuto essere Tanaka-san.
Così il minuscolo contabile si infilò nell’enorme, gigantesco, bagno.
Ah, precisiamo delle cose riguardo ai bagni: in tutta la casa erano tre, uno per le ragazze, uno per i ragazzi e il mega-bagno con piscina idromassaggio che nessuno usava tranne Seras e Alucard per farci i bagni di polvere.
Tanaka-san si infilò nel bagno per i maschietti, ovviamente, quello con le piastrelle alle pareti blu stampate a trenini colorati, il pavimento color panna scuro, e con i sanitari di colore bianco e verde. Grazie al lavoro costante ed efficiente di Sebastian e di Walter, il bagno dei ragazzi era incredibilmente pulito e ordinato e per Tanaka fu un vero piacere constatare che tutto era come lui voleva che fosse.
Ora, direte, le telecamere, per ovvi motivi di privacy, non dovrebbero mai e poi mai riprendere quello che succede all’interno dei bagni. O perlomeno, non dovrebbero trasmetterlo …
Si, ma in questo casa si era trattato di un caso di emergenza, una necessità assoluta.
La dinamica dell’incidente fu quella che segue:
Tanaka-san, attualmente dell’altezza di quaranta centimetri, entrò dentro la stanza e si guardò intorno con aria svagata, producendo il suo verso tipico, l’«Oh, oh, oh». Poi, aveva iniziato a togliersi gli abitini con cura, per prima cosa la giacca, che piegò, e cercò di posare sulla lavatrice (che, per la cronaca, non funzionava). Ma ahimè, immagino che quaranta centimetri di altezza siano veramente troppo pochi per riuscire a raggiungere l’altezza di una lavatrice Ariston di quel genere! E ricordiamo che in quella casa tutti gli attrezzi e gli elettrodomestici erano enormi.
Così Tanaka-san decise di raggiungere la propria vera forma, quella di un uomo alto sul metro e settantasette, perfettamente proporzionato, abbastanza anziano con gli stessi baffetti e capelli bianchi spalmati che aveva quando era alto quaranta centimetri.
Grazie a questa sua nuova forma era, ovviamente, alto abbastanza per posare la sua giacchettina (che era rimasta di dimensioni lillipuziane e ancora ci interroghiamo su come i suoi abiti facciano a crescere o a decrescere in dimensioni) sopra la lavatrice.
In quel momento accadde l’incidente.
Infatti, circa due ore prima che questo accadesse, nel bagno era passato Finnian, il quale è noto per essere caotico e disordinato. Per sbaglio, Finnian, dopo aver fatto la doccia aveva lasciato cadere per terra quello che rimaneva di una saponetta consumata, ridotta ormai ad una sottiletta e quindi ormai quasi invisibile, mimetizzata con il pavimento color panna scuro. Ma purtroppo, anche se consumato, il sapone rimane sempre e comunque scivoloso.
Così Tanaka fece un passo all’indietro e il suo piede si poggiò su quella specie di viscida sottiletta. Il corpo del contabile fece quella che sembrava essere una spaccata poco prima di volare all’indietro, alzarsi di due metri da terra, fare in aria una doppia piroetta, contorcersi, prendere la forma e la velocità di una trottola, svolazzare per tutto il bagno per venti secondi, ridere «Oh oh oh» e poi atterrare disastrosamente sulla testa.
Ancora non è chiaro come l’inciampare su una saponetta possa provocare l’acquisizione della capacità di svolazzare o di fare salti mortali, ma è abbastanza chiaro come sia possibile che faccia scivolare una persona e sbattere di testa.
Tanaka-san, se era fortunato, aveva subito un trauma cranico. Se era sfortunato era morto.
In qualunque caso, noi magnanime autrici non potevamo fare nient’altro che chiamare i medici e aspettare … cioè, chiamare i nostri Grozzi, travestiti però da medici, e aspettare.
I Grozzi giunsero rapidamente, tutti imbacuccati nei loro camici bianchi e tutti con degli stetoscopi attaccati al collo taurino. Sulle loro teste pelate riluceva il riflesso della mesta luce del bagno.
Immediatamente i Grozzi si chinarono sul corpo svenuto di Tanaka-san e lo controllarono con cura, tastandogli la testa e toccando il collo per vedere se si fosse spezzato la spina dorsale.
Per fortuna, il povero Tanaka non aveva subito traumi troppo gravi, ma probabilmente la commozione cerebrale c’era e …
«Forse si è formata un’emorragia interna» Disse con voce rauca uno dei Grozzi, guardando il corpo del ferito in maniera professionale «Dobbiamo portarlo via. Immagino che non potrà rientrare al reality prima di una settimana …»
«Sbrighiamoci» rispose un altro, con voce assolutamente identica, come se fosse un clone «Non vorrei che le sue condizioni si aggravassero».
Così i Grozzi tirarono fuori dal nulla una barella e ci adagiarono sopra con delicatezza il corpo di Tanaka-san per poi portarlo via. Mentre lo trasportavano, passarono di fronte alla squadra dei Phantomhive. Tutti i componenti del gruppo guardarono i due Grozzi con l’espressione allarmata, eccetto Sebastian che rimase, come sempre, serenamente impassibile.
Ciel si fece avanti in qualità di leader, pur non essendo a tutti gli effetti il leader della squadra
«Che cosa gli è successo?» chiese
«Ragazzo, è meglio che tu non lo sappia, potrebbe essere un trauma» rispose uno dei Grozzi, duramente.
Ah, vi ho detto che i Grozzi sanno rispondere solo duramente? Ciel ci rimase un pò male e insistette
«Sono quello che ha risolto il caso di Jack lo Squartatore!» esclamò, alzando un pugno chiuso con fare quasi minaccioso «Non credo che potrà turbarmi più di tanto! E poi lui è parte della mia squadra, ho il diritto di sapere che cosa gli è successo!»
«È scivolato sopra una saponetta, ragazzo. Adesso lo dobbiamo portare via e scordatevi di rivederlo per una settimana!».
E detto questo, i Grozzi uscirono dalla casa senza fiatare, facendo penetrare il gelo all’interno della residenza. Ma non era solo un gelo materiale … Tanaka-san sarebbe mancato a tutti i membri della famiglia, ormai era diventata una presenza rassicurante quel cosino alto quaranta centimetri che si aggirava ridacchiando lugubremente e sorseggiando thè corretto alla cocaina.
Si, sarebbe mancato persino a Sebastian, anche se questi non lo avrebbe mai ammesso. Il maggiordomo, per sdrammatizzare, battè le mani inguantate di bianco per due volte
«Allora» disse «Chi di voi ha lasciato una saponetta nel bagno, per terra?».
Tutti si guardarono, mentre una tensione feroce serpeggiava. Chi era lo sbadato, chi era il disordinato sventurato che aveva causato (e anche un sacco di altri ato) l’incidente di Tanaka-san?
In quel momento Finnian si ricordò di aver perso la saponetta, in effetti, e si sentì rodere da un feroce senso di colpa. Qualcosa di oscuro gli afferrò le viscere, quello che si chiama rimorso, mentre lentamente sollevava una mano per confessare il suo sbaglio
«È colpa mia, Sebastian-san» mormorò piano, guardando per terra e arrossendo «Non me ne ero nemmeno accorto, solo che ho perso la saponetta. Era diventata … era … veramente sottile e non la vedevo più. Non ho uno sguardo da rapace come Meirin e non ho nemmeno … non ho …» avrebbe voluto dire “il cervello come il tuo”, ma non aggiunse nient’altro, serrando le labbra e divenendo muto come un pesce.
Sebastian socchiuse i suoi grandi occhi color fegato, minaccioso
«In questo caso …».
E vi lascio immaginare il seguito, perché non è poi così difficile.
Ma a parte tutto questo, i Phantomhive avevano appena perso un membro. E questo gli sarebbe costato un punto … perché, dopotutto, avrebbero dovuto persino dar loro dei punti di incoraggiamento, come il riconoscimento per le famiglie dei caduti in guerra, e neppure le cattivissime autrici avevano voglia di infierire troppo. Eppure, poiché erano stati sbadati, dei punti dovevano essere tolti …
Lampeggiando con un che di mesto, i tabelloni nella sala principale, deserta, mostrarono un nuovo punteggio:
Hellsing – 11
Phantomhive – 10


<CAPITOLO PRECEDENTE
CAPITOLO SUCCESSIVO>

lunedì 11 gennaio 2016

Capitolo 24 - Arriva il paladino!

Cap. 24
Arriva il paladino!

Senza dubbio uno splendido Natale… ma per Seras c’era un piccolo, minuscolo, insignificante particolare che non la faceva sentire affatto tranquilla. Questo particolare poteva manifestarsi come la sua ferma convinzione che al minimo tocco tutto sarebbe saltato in aria, oppure che il Master Integra non era di buon umore perché non c’era il Sole e l’avrebbe presa a calci solo per un accenno di marachella, o magari nel fatto che, mentre tutti stavano andando nelle proprie camere, la porta si fosse spalancata …
E magari anche dal fatto che era appena entrato un vero e proprio mostro: un uomo dalla mascella larga e ricoperta di barba ispida, occhi piccoli e verdi sormontati da occhiali che riflettevano inquietantemente anche una minima scintilla di luce, espressione che spesso si alternava (durante la vita quotidiana) fra il sadico e l’orso arrabbiato. Capelli biondi e ispidissimi sparati verso l’alto, come se avesse il gel che però era assente. Una croce rilucente nell’oscurità che inquietava anche i cristiani. Forse era inquietante anche il fatto che fosse un agente della sezione tredici del Vaticano, un bravo (avrei qualcosa da ridire su questo aggettivo …) Iscariota, che girasse  continuamente armato e con la voglia di infilare baionette sacre nei passanti. O almeno, questa era la descrizione che vi avrebbe fornito Seras di lui… se solo avesse saputo descrivere. Il massimo che nella realtà riuscì a dire per esprimere fedelmente la straordinaria apparizione fu «Ah mamma, quanto è brutto!Mastaaah!» saltellando indietro.
Lei odiava Padre Andersen. Certo, per cinque secondi durante la guerra erano stati quasi alleati, ma poi… bhè, non ho intenzione di fare spoiler, ma diciamo che per colpa di un certo Mastah l’alleanza si era rotta dopo i cinque fatidici secondi.
Il prete entrò con passo lento dentro la casa. Lanciò il suo grido di battaglia, un cavernoso «Eeeeiiimeen!» (N.d.R. Per chi non lo avesse capito, è un “Amen” distorto) incrociando due baionette in una scenicissima entrata, posando a terra le valigie.
«Bene, ragazzi …» annunciò la voce «Visto che gli Hellsing sono in inferiorità numerica, abbiamo deciso di mandarvi anche il nostro amichetto: Angel Dust, o Padre Alexander Andersen, per gli amici Alex. Starà dalla vostra parte, ragazzi, e parteciperà normalmente alle prove, essendo adesso un concorrente a tutti gli effetti. Ah» aggiunse, rivolto all’Iscariota «Alex, non accetto che mutili i tuoi compagni di squadra. Perché, adesso per tuo enorme rompimento di scatole non puoi usare la violenza contro mostri e pagani»
Andersen annuì, senza dire niente, ma abbassando le baionette benedette. Aveva una faccia leggermente … dispiaciuta.
Certo!” pensò la Police Girl “Vorrebbe tanto usare la violenza su noi! E noi non siamo mostri! Forse non proprio cattolici … però non è un motivo per farci a fettine sottili sottili sottili … Mastah!” Nella sua testa apparve l’inquietante immagine di Padre Andersen che faceva a fettine la sua persona e strillava «Affettato …» e poi, orrore supremo, mangiava un suo pezzo! «E mangiato! Eeeeiiimeen!».
Diciamo che era una fantasia piuttosto inquietante, tipo “cotto e mangiato” di Cristina Parodi, ma con più sangue.
«Bene» proseguì l’autrice «Assegnategli una stanza».
Si risolvette alla fine, dopo numerosi discorsi da parte dei nostri oscuri eroi, di dargli la stanza più vicina al cortile interno, che era anche quella più in disuso.
Il prete prese tranquillamente le valigie, con la stessa faccia serena che assumeva quando era con i suoi cari bambini all’orfanotrofio, e si diresse verso la sua nuova camera.
Attraversò velocemente il corridoio, fra le grida di spavento di tutti i Kuroshitsujiani, nonché lo svenimento di Lizzie. Lo choc era stato troppo grande.
Si dia il caso che la stanza del nostro caro amico del Vaticano fosse quasi alla fine del corridoio che portava al cortile interno, di quel corridoio prima e ultima porta a destra. Non aveva alcun vicino di camera e la cosa peggiore era l’interno della fatidica stanza assegnatagli.
Era assolutamente normale, ma il bello era che fosse assolutamente normale se eri in grado di levarti dagli occhi il quintale e mezzo di polvere che ricopriva tutto. Il pavimento era ricoperto completamente da uno strato di polvere così spesso da far pensare a un bel tappeto persiano grigio, di quelli costosi. Ma non potevi mica immaginare che tutto fosse coperto da tappeti persiani. Mensole, quadri, ripiani, armadi.
Polvere dovunque.
E Padre Andersen non aveva mai avuto una faccia così sorpresa. Poco ci mancasse che avesse una faccia da chibi sbigottito.
Perché si dia il caso che, oltre ad essere la stanza meno apprezzata di tutte era anche quella che Alucard e Seras sfruttavano per i loro giochini tutti particolari. Dove credete che mettessero alla fine dei loro fantasiosi bagnetti poco igienici tutta la polvere utilizzata? Nella stanza che non veniva usata. E nella stanza che non veniva usata chi avevano avuto la fantasia di mandare? Padre Andersen.
Un simpatico bigliettino recava scritto “Per Angel Dust”.
«Ah ah» ringhiò il prete «Molto divertente».
Senza contare il meraviglioso … scarabocchio tutto capelli fatto a matita con un enorme cappello rosso. Teoricamente, ma le autrici non riescono tutt’ora ad avere un’idea definitiva, doveva essere Alucard.
Padre Andersen si chiuse sbattendo la porta, e la cronaca non può continuare su di lui perché le telecamere erano completamente otturate dalla polvere, e Alexander non è stato così cortese da pulirle.
Ma torniamo agli altri che stavano ancora riuniti nel salone dove le telecamere erano pulite e profumate.
«Cavolo … è arrivato l’Iscariota» commentò Walter, incapace di dire altro
«Mamma mia, Mastah, maremma toscana, per mille cavolibroccoli e trecentocinquantasette cavoli-rapa, streghetta, ammappata, abbanana, Mastaaah, per mille sogliole e siamesi, cavoletti di Bruxelles, quanto è brutto!» intervenne Seras, portandosi una mano su dove doveva esserci il cuore come se potesse fermarsi da un momento all’altro. Peccato che il suo adorabile cuoricino fosse già fermo.
«Wow» commentò Alucard
«Porta più punti, e più punti vuol dire vittoria. E poi abbiamo recuperato piuttosto bene» concluse il Master, accendendosi soddisfatta un sigaro.
Tutti i conigli squittirono all’unisono. Fra l’altro, aveva appena fatto la sua comparsa … il coniglio di Padre Andersen. Ovviamente lo aveva ricevuto anche lui perché, essendo pure lui un concorrente come gli altri aveva avuto l’onore … l’onere di possedere un dolce, piccolo lagomorfo.
In realtà il dolce e piccolo lagomorfo faceva concorrenza in quanto a stazza a Piscio, era estremamente massiccio e digrignava spesso i denti, quasi fosse un riflesso involontario. Il suo pelo era lucido, biondo chiaro striato di rosa, abbastanza corto da risultare quasi ispido. Si fissava in giro con sospetto, mentre avanzava con un incedere tutto particolare, quasi da ladro, mentre con le zampe stranamente spesse e grosse impattava sul terreno. Ma era a suo modo tenero, dopotutto era pur sempre un conigliet … un coniglio. Era sprovvisto di cicatrice, che non aveva in comune con il suo “padroncino” come Orbo, e tutto sommato non era poi così male.
La cosa che aveva in comune con Andersen, lo capirono poco dopo, era la miopia. Quando Seras fece un passo verso di lui per acchiapparlo e portarlo in salvo con gli altri, partì a tutta velocità verso il corridoio e, anziché imboccarlo, andò a sbattere con decisione contro la parete rimbalzando di poco indietro e barcollando.
Walter lo afferrò e si rese conto di non saper che farne.
«Che si fa?» chiese, mentre teneva il muso del coniglio in basso. Per sicurezza, magari era feroce come Piscio. Per sicurezza maggiore, lo allontanò di poco da sé. Sperava che non fosse proprio come Piscio.
«Lo porti a Padre Andersen» rispose tranquilla Integra, congedandolo con un gesto eloquente della mano
«Si, signora» Walter chinò la testa e si diresse verso la camera … verso il corridoio per il cortile interno. D’ora in poi avrebbe fatto tanta, tanta attenzione andando da quella parte. Camminò con il coniglio piuttosto grosso che si divincolava.
Ecco, ci eravamo quasi … la sua mano si fermò a qualche millimetro dalla superficie liscia della porta. Aveva sentito dire che i preti erano pedofili, e diciamo che fisicamente non era esattamente un adulto, adesso.
Forza e coraggio, Walter. Consegna il coniglio e fuggi come un fulmine. No, come un coniglio” si disse, mentre bussava battendo ripetutamente.
La porta, cigolando rumorosamente si aprì. Illuminato da dietro, come un’enorme ombra nera, apparve l’agente della sezione tredici, il temibile Padre Alexander Andersen. I suoi occhi e la croce mandavano bagliori sinistri.
«Scusa …» Walter dovette richiamare la sua attenzione. Stava iniziando a stufarlo questa storia dell’essere basso «Hai … hai dimenticato il tuo coniglio»
«Ehi, ciao» fece il prete, amichevole, prendendo in braccio il coniglio «E tu chi sei, piccolo?»
Questo era davvero troppo … “piccolo”? Va bene che lui era un gigante, ma lui non era poi così basso. E poi proprio lui … insomma il tutto lo rendeva nervoso. Si ricordò che Andersen non sapeva della sua capacità di “regredire”.
«Ti … ti basti sapere che sono un maggiordomo che deve servirvi» disse, mentre faceva qualche passo all’indietro
«Non sei un pò troppo giovane?» fece il prete, mentre gli occhiali mandavano un curioso bagliore «Trovo meschino che usino un bambino perché ci serva … è colpa delle autrici? O quelli dell’Hellsing ne stanno combinando un’altra delle loro?» ringhiò. Walter era letteralmente sparito nel nulla.
Andersen alzò le spalle mentre rientrava, portandosi dentro il coniglio «Andiamo, Baionetta, non appena usciamo di qui li ucciderò. Li ucciderò sicuramente. Usare un bambino, così puro e tenero, per simili atti… sempre uguali questi eretici…». La porta si chiuse con un suono estremamente ehm … sonoro.
Nel frattempo, lasciando a Padre Andersen il tempo di riordinarsi la stanza e le idee gli Hellsing si erano divisi: una squadra, formata dai vampiri di casa, andò a dormire, l’altra andò al cortile interno a coltivare. Come al solito, Integra stette a “supervisionare” mentre Walter si spaccava la schiena. E non perdeva occasione di sogghignare quando il maggiordomo si raddrizzava e si poteva notare l’altezza superiore degli attrezzi agricoli. Diciamo soltanto che, per crudeltà delle autrici, era stata fornita alla casa soltanto attrezzi di dimensioni enormi, pensati per far faticare, ma ogni scusa era buona per far risultare Walter più basso.
Nel frattempo, i Kuroshitsujiani avevano ben pensato di andarsi a fare una doccia, viste le facce fumanti che si ritrovavano, anziché dedicarsi nel primo pomeriggio alle attività contadine in terrazza.
Mentre andava a farsi una doccia, Sebastian controllò l’orologio e scandì, con voce serena e chiara
«Sono le quindici e quindici».


<CAPITOLO PRECEDENTE 
CAPITOLO SUCCESSIVO>

sabato 28 novembre 2015

Capitolo 23 - Regali di Natale



Cap. 23
Regali di Natale!

All’improvviso mentre tutti si scambiavano commenti sulle pubblicità nonostante la prova terribile e impegnativa fosse ormai finita, i Tizi Vestiti da Agenti dell’FBI si piazzarono schierati in fila tutti davanti alla porta.
I concorrenti li guardarono perplessi, a volte anche con ostilità quando all’improvviso successe l’insospettabile.
Le magliette nere e anonime degli addetti si rivoltarono, si rivoltarono letteralmente così anche stando addosso a loro, come un fenomeno inspiegabile, e divennero di uno sgargiante rosso. Magliette reversibili. Tutti contemporaneamente si ficcarono un cappellino rosso con tanto di pon-pon finale bianco.
Sopra la maglietta rossa, spuntata dal nulla, c’era la grande scritta a caratteri bianchi “Grozzi, Buon Natale”. I Tizi non fecero una piega.
«È Natale» li informò la voce nell’altoparlante «Buon anniversario di morte, Alu»
«Oh, si …» Alucard si spalmò una mano davanti alla faccia come a dire “cavolo, me l’ero scordato …”
Chi sa che Vlad Dracula è morto il venticinque dicembre all’alba capirà che per il nostro Alucard Natale era un giorno piuttosto significativo.
«È Natale, Mastah! È Natale, Mastah! È Natale, Mastah! È Natale, Mastah!» canticchiò Seras, saltellando di gioia
«Oh» commentò Walter «Non ricordavo la data di oggi … ehi, ma quei tizi ci stanno dicendo che noi siamo “Grozzi” o che loro si chiamano così?»
«Loro si chiamano così» affermò con sicurezza Integra
«Bel nome, no? Venuto così d’impulso. Forse senza senso, forse un miscuglio fra grezzi e grossi. Però i nostri dipendenti di chiamano Grozzi» spiegò la voce dalle altoparlanti, compiaciuta «E poi non penserete mica che vi lasciavamo senza regali di Natale, vero?».
Pronunciate queste solenni parole, le porte si spalancarono e, con una bufera di neve che infuriava all’esterno, entrarono altri tre Grozzi vestiti di rosso con tre sacchi. In realtà a guardare bene, erano un pò di più di tre, solo che marciavano allineati a tre a tre.
Entrarono  trascinando sacchetti, scatole, scatoline, scatoloni, pacchetti, pacchettoni, regali e buste variopinti.
Quello alla testa del gruppo, per uno scherzo del dest … delle autrici aveva anche i palchi sulla testa e un naso rosso da Rudolf, la renna di Babbo Natale. O Babbo Nazi, dipende da quale parte stai.
«Per gli Hellsing, ci sono in esclusiva dei regali da Kohta Hirano …» gli oscuri gioirono «E per i Kursohitsujiani direttamente da Yana Toboso!» i suddetti fecero tutti, anche Ciel e Sebastian, dei salti dalla lunghezza variabile fra i tre e i quattro metri. Di gioia, ovviamente.
I Grozzi posarono tutti i contenitori degli Hellsing in un angolino e quelli dei loro antagonisti in un altro, poi si dileguarono nel nostro migliore amichetto Nulla. Anche questa volta letteralmente. Non che Nulla era personificato, che i Grozzi si dileguarono ...
Le due fazioni si riunirono nei rispettivi angolini, con gli occhi che brillavano.
Prima, vediamo cosa Yana Toboso regalò ai suoi cari amichetti, di cui raccontò avventure e disavventure …
Aprirono prima una scatola. Magliette, magliette a non finire. E pantaloni, e felpe e camicie.
«Oh!» esclamò Finnian tuffandoci una mano e tirando fuori uno degli indumenti «Questo è tuo, Bocchan!»
La maglietta, di un bel celestino chiaro, recava davanti la scritta
“I want my tea. If you not give at me my tea, I call Sebastian. And your eye is now black”.
Ciel, sollevato di avere un nuovo indumento, la mise sopra la maglietta che già possedeva. Allorchè tutti poterono leggere la scritta dietro, nascosta
“Io sono un bimbo orbo con i capelli di topo e gli occhi da calamaro gigante. Yana era sbronza quando mi ha creato. Sono un bimbo rancoroso e un pochino idiota, e non voglio ammetterlo ma amo Lizzie e Sebastian è il mio migliore amico. Ma sono un bimbo rancoroso e non lo voglio ammettere. Attenzione a leggere la frase di prima, perché Yana non sostiene lo Yaoi.”
Tutti soffocarono una risatina, poi Finny rituffò di nuovo la mano e tirò fuori un’altra maglietta,che a dire la verità era un completo. La cosa strana, però era che era fatto a forma di maglietta e gonna ma con sopra tatuati la divisa tipo da cameriera. Sulla maglietta si allungavano due fili di sangue disegnato eppure realistico. Sopra c’era scritto
“Che c’è? Ho solo visto Sebastian-san”
Seppure fosse enormemente arrossita, Meirin indossò il completo sopra quello che aveva già. Perché cominciava a fare freddo, visto quei cattivi dei Grozzi avevano fatto arieggiare la stanza con l’aria di bufera.
Dietro c’era la scritta, anche questa segreta
“Beware to the Meirin. She’s more dangerous. And crash all. Attention, she wants the butlers”  
Certo, era stata un pò cattiva Yana, ma voleva solamente divertirsi un pò. Premettiamo che, per la media, era stata un angioletto. E non era finita qui.
Infatti Finnian trovò una maglietta in cui davanti c’era la scritta
“I love Plu-Plu”
E dietro …
“I love crash the lil’ beards in one thousand of pieces. I’m dangerous. Beware, Sebastian”
E fin qui niente di cattivissimo. Considerando che la maglietta di Bard piena di “Piromane, fire, burn” da tutte le parti. A quanto pare a Yana piaceva mischiare le lingue.
A Tanaka-san una maglietta che raffigurava una foresta tipo Amazzonia e al centro in bianco, risplendente di luce, la frase
“I’m Buddha”
E nessuno osò ridere, perché Tanaka-san emanava quella pace e quella calma tranquillità che sembrava avesse davvero raggiunta la Grande Via … Si,Yana Toboso aveva ragione: Tanaka-san era Buddha. Peccato che non fosse buddista.
Bhè, con Sebastian Michaelis, Yana sembrava, e ribadisco sembrava, essere stata più clemente. Il suo regalo era rappresentato da un completino nero, maglietta a maniche lunghe e pantaloni di raso aderenti, con delicati ghirigori che si rincorrevano sul tessuto fine.
«Non vale!» urlò Bard, con la sigaretta che faceva strani movimenti nella sua bocca mentre parlava «Solo perché lui è il preferito di Yana non gli hanno fatto abiti imbarazzanti»
«Vedrai, troveremo qualcosa di imbarazzante anche per lui …» lo tranquillizzò Finnian, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla.
Tutte le altre magliette e\o divise non erano nulla di speciale: T-shirt bianche, pantaloni e camicie con disegnini eccetera, eccetera, eccetera …
In effetti, alla fine Yana aveva deciso che non era giusto umiliare tutti (a parte Lizzie, a cui aveva donato una maglietta con disegnate un sacco di robe strane e al centro “Kawai”. Fra l’altro, le robe strane erano fiocchetti e cose simili che piacevano un sacco alla piccola Lady) e lasciare intero solo l’orgoglio del maggiordomo. Così Finnian e Ciel lo costrinsero a mettersi la maglietta, rossa con i bordi neri e la faccia sua e di quel mostro di Grell vicine, a chibi, che recitava
“G x S is CANON” E leggermente più sotto la scritta “Because Grell love me … and I love Grell. We aren’t beautiful?”
Ciel concesse anche il permesso speciale di ridacchiare di lui a tutti i presenti, mentre lui poteva ridere come un matto e non beccarsi neanche una fuffola come si deve.
Felici e ridacchianti, aprirono il secondo pacchetto con un cartellino adesivo spiaccicato su che diceva “Accessori, Gadget e Peluche by Yana”.
Stavolta Meirin insisté tanto che ebbe il permesso speciale, perché oggi Ciel era estremamente di buon umore, di poter prendere gli accessori al posto di Finnian, che non obbiettò affatto per riprendersi il posto, purché gli dessero il suo peluche.
Meirin tuffò la mano e …
«Questo di sicuro è del Bocchan» affermò la cameriera guardando l’oggetto. Era una tazza peluche uguale a quelle del cartone animato, solo ovviamente che era di peluche. Era colma quasi fino all’orlo di thè peluche, che però non si poteva ovviamente versare, eppure era aromatizzato alla camelia.
«Così ci potrà dormire la notte, Bocchan!» osservò Finnian, solare. Che bello che Yana gli avesse portato dei regali! Ah, quanto adorava il Natale!
«Questo è …» Meirin rituffò la mano, chiudendo gli occhi. Tirò fuori un pupazzetto impacchettato, pigiato a qualcos’altro, con un biglietto. «Alla mia cara Elizabeth Cornelia Esthel Midd … Lizzie, così potrà giocare a vestire come vuole la sua bambolina … Oh, che pensiero carino!»
In effetti, la bambola pigiata dentro il sacchettino trasparente era una persona, una ragazza per la precisione, in biancheria intima. Era pigiata contro vestiti, capelli, acconciature, occhiali e accessori vari da bambola che potevano essere applicati sul pupazzetto.
«Ah, kawaiii! Ti voglio tanto bene, Yanaaa!» strillò, rivolta al soffitto, strizzando il sacchetto e la povera bambola al suo interno.
«Questa» annunciò Meirin «Anzi queste … sono di Finny» passò al giardiniere un peluche estremamente realistico, con tanto di penne, di un uccellino uguale a quello che per sbaglio Finnian aveva decapitato accarezzando. L’altro era un piccolo pupazzo, bhè, lungo quindici centimetri e alto sette contando la testa, di Plu-Plu o Plute, il carino, puccioso e tenero Makenna. Per chi non lo sapesse, i Makenna sono tremendi Cani del Diavolo che uccidono tutti e hanno proporzioni a dir poco enormi, in grado di sputare fiamme e cambiare il proprio aspetto da enorme lupo alto quattro metri a essere umano che si comporta da cane, che morda e artiglia tutto. Carini, no?
«Oh, il mio uccellino! E Plu-Plu! Grazie, Yana!» strillò, strizzando i pupazzetti con tenerezza. Bhè, per fortuna che era tenero, e se li avesse voluti strizzare davvero … addio regalini della zia Yana.
Meirin rituffò la mano, e tirò fuori … una mini-piscina gonfiabile. Il cartello recitava “A tutti i miei adorati Kuroshitsujiani, a cui voglio un mondo di bene. Baci, sensei Yana Toboso”
«Abbiamo una piscina!» gridò Bard, esaltato «Possiamo farci il bagno e non puzzare! E può anche essere divertente!»
«Ragazzi … è una piscina per bambini» fece notare con la solita freddezza, all’apparenza calda, Sebastian «Entrateci casomai uno alla volta»
«Evviva!» «Oh oh oh!» strillò la servitù saltellando in giro.
La seguente estrazione fu un set di tazzine e posate in pura e finissima … plastica giocattolo dedicate a Meirin. Il biglietto diceva “A Meirin, per giocare con i suoi amici a prendere il thè. Così sono sicura che le tazze non le rompe. By Yana. P.S, se guardi più in fondo ti trovi una cosa che ti piace … ”.
«Oh! Grazie Yana!» gridò Meirin, realmente contenta. Aveva fin da piccola una passione per le “cose che le piacevano” e le pause per giocare a prendere il thè. Certo, anche per le sparatorie e i fucili, ma lasciamo perdere …  
Meirin, terribilmente incuriosita, frugò nello scatolone fino a cadervi dentro e continuare a rovistare. Fino a che non trovò un fucile. A salve, ovviamente, ma lei non poteva saperlo.
Uscì raggiante dalla scatola e per provare lanciò un colpo.  Rimbombò per tutto il salone, ma non partì nessun proiettile.
A Meirin divenirono gli occhi giganteschi per lo stupore mentre solo ora scorgeva il cartellino “So che è illegale portare armi reali all’interno della casa del reality, quindi non ho potuto darti di più di un fucile a salve. Spero ti piaccia”.
Meirin si sentì quasi cascare le braccia a terra «No fucili veri?» sussurrò, sconsolata
«No fucili veri» commentò Sebastian, scuotendo la testa con gravità.
La cameriera cadde in ginocchio, inconsolabile, così Finnian poté riprendere il suo ruolo originale.
Estrasse felicemente un pupazzetto di Grell con due bottoni per occhi e i denti digrignati in un sorriso. Era per Sebastian, con (citando le parole del bigliettino) “l’augurio di non scordare che il mondo è cattivo e pericoloso”. Secondo Yana, era una specie di promemoria.
Sebastian inorridì ma prese comunque il pupazzetto temendo che avrebbero potuto togliergli dei punti.
«Ed ora …» fece Finnian, con un sorriso a sessantaquattro denti estraendo una cosa a casaccio «Un regalino per … Bard!».
Era una pianta dell’AIL. Il biglietto recitava “Con la speranza che sia servito a curare un bambino dai morbi mortali a cui tu hai … ehm … accennato”
«Carina …» commentò il cuoco, sollevandola in alto «È un bel regalo tipicamente natalizio. Grazie Yana» bofonchiò mettendosela sottobraccio
«E non è finita qui!» annunciò il giardiniere, raggiante, tirando fuori un sacchetto di sementi di prima qualità, dedicate a Sebastian “con l’augurio di non morire di fame”.
Mentre Finnian consegnava l’ultimo regalo dello scatolone a Tanaka-san, un paio di infusi di the aromatici e delle tazzine nuove in un sacchetto, Ciel si accorse di una busta quasi piatta.
«Sebastian!» ordinò «Portami quello!».
Sebastian si mobilitò immediatamente, prese con grazia la busta e la consegnò al suo Bocchan.
«E ora aprila».
Per lo stupore e il piacere di tutti, dentro la piccola busta piatta c’erano un sacco di fogli. E nei fogli c’era un disegno per ognuno dei Kuroshitsujiani, accurato come solo la sensei Toboso riusciva a fare.
Nel primo, dedicato a Finnian, cosa che fece arrabbiare enormemente Ciel, c’era un paesaggio particolare, di campagna. Lui era seduto sotto un enorme ulivo, addormentato serenamente. A sorpresa, era appoggiato anzi abbandonato sul manto caldo e candido di Plute, mentre sulla sua spalla si era accovacciato il suo uccellino.
Attorno a lui c’era un paesaggio sconfinato, tutto pianura, con poche colline e alcuni vastissimi campi di grano e dettagliatissimo. Si poteva scorgere in lontananza persino una piccola fattoria.
L’intero disegno esprimeva una pace infinita che contagiò anche il proprietario esterno del disegno.
Finnian sospirò, mentre si scopriva quello di Bard. Era semplicemente lui che finalmente cucinava qualcosa di più sfizioso dei piatti di Sebastian e il Bocchan gli sorrideva.
In quello di Meirin c’era raffigurata semplicemente lei, però vestita da zero zero sette, ma senza occhiali. Ed era una cosa che lasciò tutti allibiti: e chi li aveva mai visti gli occhi di Meirin?
Quello di Tanaka-san era lui in mezzo a una foresta, solo, con la sua bella tazza di thè che beveva. Un’ennesima rappresentazione di Buddha.
Quello di Ciel rappresentava lui stesso con la sua famiglia, solo nella versione che avrebbero avuto se fossero sopravvissuti fino ai giorni nostri. Ciel lo accettò senza dire nulla.
Quello di Sebastian … bhè, c’era solo Sebastian con un mucchio di teneri, pucciosi gattini morbidi e carini sparsi in giro.
E alla fine c’era un disegno che, si vedeva da un chilometro di distanza, non era di Yana Toboso. Insomma c’era Grell che strizzava Sebastian ridendo in uno stile tutto particolare.
Sotto c’era scritto “Spero che si avveri. Kore demo shitsuji death!”. Evidentemente Grell era riuscito a immischiarsi anche negli affari che non lo riguardavano, spedendo il proprio disegnino al suo Sebas-chan.
Sebas-chan non sopportava, per la cronaca, Grell.
Per gli Hellsing erano arrivati diversi pacchettini piccoli e, in più, un grosso pacco di cartone spesso sui cui lati erano disegnati scarabocchi assurdi delle facce di Walter, Alucard e Seras. Integra non faceva la sua comparsa, perlomeno all’esterno del pacco, ma non si poteva dedurre se fosse una cosa preoccupante o meno.
Alucard tagliò lo scotch che sigillava la parte superiore utilizzando un canino affilato, poi aprì le due linguette
«Ecco qua … uhhhh!» gioì, deliziato «Guardate, ci hanno mandato delle magliette ufficiali!»
«A me non sembrano ufficiali» borbottò Walter, sbirciando dentro il contenitore «Beh, o perlomeno, se sono ufficiali, le hanno fatte su misura adesso: prima non erano in commercio»
«Fantastico, le hanno confezionate solo per noi!» Alucard tuffò le sue enormi manone inguantate dentro il pacco e tirò fuori la prima confezione che conteneva una maglietta bianca con due grossi cerchi rossi disegnati sul petto «Questa è per te, Seras» disse sicuro, senza neppure controllare il cartellino al collo
«Davvero Mastah?» la Police Girl fece un salto, enormemente felice «Wow, Mastah! Che bello, il primo regalo è per me».
Walter sghignazzò malignamente mentre Seras si infilava quella maglietta che … ehm, diciamo che era fatta per esaltare una sua particolare caratteristica anatomica. Con due cerchi rossi. Ok, certo, questa era stata un poco cattiva … Sulla schiena della maglietta, anche in questo caso, vi era una scritta segreta che recitava:
“Questo capo d’abbigliamento risalta la cosa più bella di me. Io ho dei grandi … occhi.
Il bianco li risalta, non è vero?”.
L’effetto generale era così demenziale che persino il Master Integra si lasciò sfuggire un sorriso di apprensione, sorriso che svanì quando il vampiro in rosso le passò la sua maglietta
«Kohta ha pensato anche a te, my Master» sibilò Alucard, terribilmente compiaciuto, mentre porgeva a lady Hellsing un grosso involto rosso.
Integra svolse la felpa e quasi, dico quasi, arrossì nel guardarla: davanti c’era stampata la faccia del nosferatu Alucard e sotto di essa una scritta in giallo
“La cosa che amo di più al mondo”.
Integra raccolse la felpa e la sbattè dietro la testa di Alucard con tutta la forza possibile
«Baka!» strillò
«Ma Master, io non c’entro niente!» piagnucolò il vampiro, accovacciandosi sopra lo scatolone «Sai bene che non ho avuto nessuna possibilità di scegliere le magliette …»
«Lo so. Ma stavi sorridendo»
«Ho una paralisi facciale, credevo che ormai lo sapessi!»
«Uh …» Integra indossò la felpa senza fare una piega e si voltò a controllare cosa accadeva alle sue spalle, ovvero il putiferio scatenato dalla squadra della famiglia Phantomhive.
In quel momento, Alucard scorse la scritta sul dorso della felpa
“Ho sbagliato disegno. Questa è la cosa che amo più al mondo:”.
E sotto la scritta, che sembrava composta da oro laminato, era accuratamente rappresentato un enorme sigaro fumante. Alucard si sentì cascare le braccia: non si stupì affatto quando udì il tonfo sul pavimento e, abbassando lo sguardo, notò che le proprie mani erano finite per terra.
«Il Mastah sta cambiando le braccine?» domandò Seras, perplessa, guardando intensamente un braccio sul pavimento e sbattendo le palpebre ipnoticamente
«No, gli sono solo cascate per la sorpresa. Che ti aspettavi?» fece Walter, incrociando le braccia e appoggiandosi al muro «Kohta è cattivo …» mormorò poi fra sé e sé il maggiordomo.
«Che succede?» chiese Integra, che non poteva ovviamente capire il motivo della perdita degli arti superiori del suo vampiro. Non ricordava che avessero un cambio annuale degli arti … poteva essere un problema se Alucard cominciava a cadere a pezzi per la casa ...
Il Nosferatu si chinò con flemmatica, in apparenza, calma e si riattaccò le braccia «Niente, mi sono solo cadute»
« “Mi sono solo cadute”? Ma per quale motivo ti sarebbero dovute cadere le braccia?»
«Per la scritta» rispose, sincero, indicando con un dito la maglietta «Anzi» si corresse «più che altro è per l’immagine»
«Alucard, ti ordino di dirmi cosa c’è scritto e disegnato dietro questo benedetto indumento!»
«C’è scritto  “Ho sbagliato disegno. Questa è la cosa che amo più al mondo”… e … uhm … di sotto c’è un sigaro. Lo sapevo, tu ami sempre e solo i sigari! E se poi ti vengono i polmoni neri e i denti gialli? Poi ti puzza il fiato e diventi dipendente …»
«Ma Mastah!» protestò Seras «Il Mastah, Mastah … lo sai che il Mastah è già dipendente, Mastah»
«È già dipendente» tradusse Walter, senza staccarsi dal muro e fissando a turno i suoi compagni di squadra
«In effetti … bhè, ma poi stai male, tossisci … e se vuoi avere un bambino, poi?»
«Mastah libere dal fumo! Olèèè!» strillò Seras, alzando le braccia al cielo e sorridendo in modo così largo che più lo guardavi e più si allargava. E diciamo che non era solo un effetto ottico.
«L’originale era “Mamme libere dal fumo” … ma Mastah va bene lo stesso» fece notare il maggiordomo degli Hellsing, avvicinandosi agli scatoloni «Ma spero che tutto il regalo di Kohta Hirano non consista in una felpa che dice quanto Integra ama i sigari e quanto Seras … ehm … quanto il bianco risalta i suoi occhi. Il mangaki ci ha lasciato senza niente, a noi poveri maschietti?»
«In questo caso …» disse una voce dietro le sue spalle. Ecco, come volevasi dimostrare, Alucard non voleva rimanere a bocca asciutta, visto che si era appena trasformato nella sua versione giovane, un pò rompi e femminile. Ehm, molto femminile …
«Alucard» Fece Walter, alzando un indice come ad ammonirlo «Non fare la ragazzina …»
«Ma io sono una ragazzina!»
«È questo il problema, bastardo! Torna subito com’eri prima ...» poi si accorse che suonava troppo come un ordine, e lui non doveva dare ordini sennò suonavano lui «Per favore».
Vide trasformarsi una ragazzina, solare e, si, un pò rompi, in un … cadavere. Orrendo, essiccato e marcescente, che cadde al suolo come un sacco di patate, con i capelli bianchi e sfibrati. Diciamo che Integra lo aveva trovato più o meno in questo stato la prima volta che lo aveva conosciuto.
«Ma che carino» commentò sarcastico, chiudendo gli occhi e portandosi un indice alla tempia, mentre Seras scoppiava a piangere e sporcava la divisa di sangue, cosa che certo non migliorò l’umore del maggiordomo «Non così prima. Nella versione vampiro enorme vestito di rosso con qualche problema di paralisi facciale e di lunghezza degli arti».
Finalmente Alucard si decise a tornare nella sua forma più popolare, mentre Walter estraeva una maglietta a casaccio dal mucchio di abiti fornitigli dall’insidioso mangaki.
«Ehi, penso proprio che questa sia tua, Cadavere»
«Mia?» Alucard si indicò e diede un’occhiata alla maglietta «Oh, che splendore splendidevole! Dai qua, maggiordomo, immediatamente»
«Se ci tieni tanto …» Walter socchiuse gli occhi con aria malandrina e gli passò l’indumento.
Era una maglietta di colore bianco, con sopra stampata la forma di una giacchetta bianca, una sciarpa poggiata sulle spalle e una cravatta. Al livello dello stomaco era stampata una scritta rosa in corsivo
“Girly (card) inside.”
Alucard sollevò la maglietta
«Ca … carina»
«Sei una ragazza, dentro, Mastah?» chiese Seras, con fare curioso «Io pensavo che dentro eri uno con i baffi che impalava la gente, Mastah»
«Così credevo anche io, Seras, così credevo … oh, ma guarda Walter, c’è una maglietta anche per te» Alucard allungò una delle sue lunghissime braccia e tirò fuori un nuovo pacchetto con sopra scritto “per Walter-san, cruccio dei maggiordomi”.
Walter aggrottò le sopracciglia, il faccino rabbioso
«Non mi piace, non mi piace affatto come inizio …» disse, incrociando le braccia
«Dai, aprilo!» lo esortò Alucard, sorridendo ampiamente
«E va bene … ma solo perché probabilmente, se non lo faccio, ci leveranno dei punti».
Walter aprì l’involto e scoprì una maglietta rossa con sopra stampata la faccia di Girlycard, ovvero, per chi ancora essendo tardo di mente non lo ha capito, la forma giovane e femminile di Alucard. Sotto il lezioso faccino, con un sorrisetto dentato che avrebbe fatto invidia ad uno squalo, c’era scritto
“L’amore della mia vita … ”.
Walter indossò la maglietta e sospirò
«Ah, se solo non fosse diventata così brutta …» accarezzò con una mano l’immagine stampata sul petto, quasi affettuosamente « … Se solo non si fosse trasformata in un maschio con gli arti sproporzionati, incapace di pettinarsi, con i capelli che vanno da soli per i fatti loro e un naso che farebbe invidia a pinocchio …»
«Walt, non dire così!» Alucard ringhiò «Io non sono brutto!»
«No, ma non rientri nella mia classifica personale di bellissime persone, credimi …»
«Uh … »
«Beh, voltati, maggiordomo» intervenne Integra «Non vorrei che anche nel tuo caso ci fosse, come dire, il trucchetto stampato sulla schiena … e poi quei tre punti di sospensione dopo “l’amore della mia vita” mi rendono sospettosa».
Walter, di malavoglia, girò su stesso e diede le spalle al gruppo. In effetti, come c’era da aspettarsi, ci stava il trucco: sul dorso era stampato Vlad l’impalatore in atteggiamento piuttosto aggressivo, con lo spadone in mano e un campo di impalati che faceva da sfondo. E sotto la fatidica scritta:
“… E non mi importa se ogni tanto la mia bella si trasforma così!”
Alucard ridacchiò malignamente
«Vlad non ne sarà felice».
Tutto il gruppo lo guardò e tutti aggrottarono le sopracciglia
«Ma non sei tu Vlad?»
«Beh, si, insomma … si e no … lui è la mia primigenia personalità, il mio più profondo ego, il mio subconscio …»
«Non devi farci una lezione su Freud, vampiro» tagliò corto Integra, stringendo il sigaro fra le dita «Cosa vorresti dire?»
«Esattamente quello che ho detto! Non posso spiegartelo mica in due parole … ok, per farla semplice, così lo capisce anche la Police Girl: la mia testa è come una grande stanza. In questa stanza, vivono tutte insieme tante persone diverse. C’è Girlycard, per esempio, poi Boycard, Bondagecard cioè il cadavere di prima, e poi Riocard, quello più elegante, il Conte Dracula, quello che ispirò Bram Stoker, Alucard, ovvero me, e infine c’è Vlad, il capo. Nella mia testa si vive di Vladcrazia …»
«Molto interessante» lo interruppe il maggiordomo «Ma spiegacelo dopo il casino che c’è nella tua mente, ora vogliamo i regali»
«Non si dice casino!» proruppe Alucard, indignato «Non è una parolaccia?»
«Bordello ti va meglio?»
«Sei proprio un maggiordomo insolente! Ehi, e la mia testa è perfettissima!»
«Si, come no, ci saranno dozzine di occhietti rossi vaganti e saltellanti, insieme a un tizio in armatura medievale che insegue le tue varie forme urlando “vi impalo”. Ok, adesso concentriamoci sui regali … guarda, c’è un giubbotto per Integra».
Il giubbotto in questione era la replica perfetta di quello, con la pelliccia, che Vlad l’impalatore indossa nel quadro più famoso (e probabilmente brutto) che lo ritrae: rosso aranciato scuro, con un colletto bruno e folto. In questo caso la pelliccia non era vera, ma un buon surrogato sintetico. Sia mai che la redazione incoraggi l’acquisto di pellicce vere e, comunque, che spenda troppi soldini per i detenut … ehm, volevo dire, per i partecipanti del concorso.
Alucard strappò il giubbotto di mano a Integra e ci passò contro la guancia
«Il mio cappottino!» mormorò, quasi con le lacrime agli occhi di commozione
«No!» ringhiò Integra, riprendendosi bruscamente il capo di abbigliamento «Questo è il mio cappottino».
Alucard si ritrovò rannicchiato in un angolino a disegnare cerchi per terra con un dito, depresso. Il suo cappottino bello con la pelliccia! Perché Kotha Hirano doveva essere così cattivo? Ed è possibile mai che neanche per un istante, per la testa del vampiro, passò l’idea che questa potesse essere colpa dei cattivissimi, spietati, autori che li costringevano a fare tutto questo?
Fu il turno di Walter, questa volta, quello di ridacchiare, poco prima di estrarre dallo scatolone un pupazzo
«Guarda Seras, è il cannone Halconnen di peluche!»
«Beeelllo!» strillò Seras, saltellando e ondeggiando sinistramente sul posto «Grazie mille a chiunque me lo abbia mandato, mi piace tanto tanto!» e detto questo afferrò il cannoncino Halconnen lungo cinquanta centimetri, se lo strinse al … petto … e iniziò a saltellare per tutta la stanza, iper contenta.
Walter si posò una mano su una tempia
«Ma guarda come è facile fare contente le bambine» mormorò
«E tu di bambini dovresti saperne qualcosa» commentò malignamente Integra, posando una mano sulla testa del “ringiovanito” Walter, molto più basso di lei
«Lady Hellsing, non è necessario che mi faccia notare ogni quattordici secondi la mia altezza»
«Ma se è la prima volta che te lo faccio notare?».
In realtà, Integra non perdeva occasione per rinfacciare la storia dell’altezza a Walter: quando si trovavano in cucina apriva gli sportelli sopra la testa del maggiordomo solo per far vedere che quest’ultimo non ci arrivava con la testa, oppure faceva commenti del tipo “questa finestra è così piccola che solo Walter potrebbe passarci”.
E il maggiordomo, logicamente, era seccato e stressato, ma essendo un maggiordomo non aveva altra scelta se non quello di chinare la testa (come se non fosse già abbastanza basso) e obbedire come un bravo bimbo.
Integra infilò una mano dentro la scatola e ne tirò fuori un pupazzetto di peluche a forma di padre Alexander Andersen. Per chi non lo conoscesse, nella realtà padre Andersen era un prete che somigliava ad un cinghiale, o forse un grosso orso, alto all’incirca due metri e sette, con un torace largo come una botte, una faccia dalla mascella pesante ispida di barba, gli occhiali rotondi perché come la metà dei personaggi di Hellsing era terribilmente miope, ed una fissa per i coltelli da tort … ehm, volevo dire le baionette benedette d’argento. Insomma, un vero mostro.
Il pupazzetto era fatto per sembrare carino. Dico sembrare perché, nonostante la faccia tonda e morbida, la barba ispida disegnata a pennarello e il sorriso pieno di denti piatti stile “cavallo selvaggio” gli davano quell’aria psicopatica e massiccia che è tipica degli unni. Per l’appunto, questa deliziosa creazione artistica, aveva un cartellino al collo, che recava scritto
“Per Seras, che si ricordi del suo primo nemico”.
Integra porse il pupazzetto alla Police Girl e questa lo prese in punta di dita. Lei odiava padre Andersen. Odiava i suoi capelli pettinati male che somigliavano alle spine di un porcospino morto, però gialle come la polpa delle banane. Odiava i suoi occhi piccoli e iniettati di sangue. Odiava il fatto che il suo unico hobby fosse infilare baionette d’argento dentro il suo corpo e dentro quello del Master Alucard. Ma non poteva rifiutare un regalo, specie se gli era stato passato dalle mani sacre di Integra Farburke Wingates Hellsing.
Così sorrise stentatamente e disse
«Grazie …»
«Stanotte ci dormi, con quello?» chiese Alucard, che sembrava essersi perfettamente ripreso dal suo stato catatonico
«Non so, Mastah …»
«Se non ci dormi, me lo regali?»
«Non posso regalare un regalo, Mastah!»
«Va bene, Seras … spero ci sia qualcosa del genere anche per me»
«C’è, fidati, c’è …» li interruppe Walter, lanciando un pupazzetto di peluche a forma di Integra verso Alucard. Al vampiro si illuminarono, letteralmente, gli occhi
«Ti chiamerò Teggy!» esclamò, raggiante «E staremo sempre insieme!»
«Alucard, sei patetico» commentò lady Hellsing, massaggiandosi le tempie con gli indici, il sigaro stretto fra i denti
«Ah, io sarei patetico?» Alucard allungò un braccio dentro lo scatolone e ne trasse una scatola di smarties mezza vuota «E allora cosa ne pensi del regalo che ti ha mandato Penwood?»
«Pen … come osa quella mezza calzetta di un politico fallito! Smarties?»
«Beh, sono smarties scaduti» Alucard controllò la data di scadenza, poi guardò dentro il pacchetto, che per la cronaca aveva anche perso la linguetta di chiusura «Ah, e ne rimangono solo tre»
«Appena torno a casa» si ripromise Integra, con il tono calmo e terribile che la contraddistingueva quando era veramente arrabbiata «Penwood mi sentirà per bene»
«Uh, poveraccio» commentò Alucard, ributtando la scatola di smarties nello scatolone «Ma guarda, c’è un trenino giocattolo!»
«Per Ciel Phantomhive» lesse nel cartellino Walter, estraendo un giocattolo a dir poco magnifico da dentro lo scatolone, un trenino color fegato rivestito di rifiniture dorate e con i finestrini di vero vetro «Hey, questo non è destinato a noi! Questo appartiene al nemico!»
«Vai a portarglielo» ordinò Integra.
Walter decise di agire con prudenza. Non si sa mai come può andare a finire, neanche quando si fanno delle cortesie ai vicini di casa … così mise il trenino ben in vista, teso davanti a se, in modo da dare tutta l’impressione di doverlo offrire e non di tenerlo per se, e poi si avvicinò alla fazione opposta
«Ehm …» disse, fingendo un leggero imbarazzo «Questo è finito per caso fra i nostri giocattoli, ma non ci appartiene. Il cartellino dice che è per Ciel Phantomhive …»
«Ridammelo, brutto straccione!» scattò il conte dai capelli blu, mettendosi in piedi con uno scatto dalla sua posizione buttata e sollevando entrambe le braccia «Quel trenino bellissimo è mio! Sebastian, strappaglielo dalle mani!»
«Ghyoi» rispose il maggiordomo demoniaco, prendendo il trenino a Walter e consegnandolo al suo padroncino.
Walter, fingendo ancora timore e imbarazzo, si voltò e tornò indietro. Alucard lo guardò con la coda dell’occhio
«Aspettavamo solo te» disse, poi tirò fuori un grosso sigaro di peluche dalla scatola e rise «So che questo coso può appartenere ad una sola persona»
«Mio» disse solamente Integra, ed Alucard, sogghignando, glielo porse
«Master, hai intenzione di dormirci?»
«Non è assolutamente ovvio?»
«Si. Ma non è l’unico peluche rimasto … ce ne sono altri … questa è Girlycard» e detto questo tirò fuori un’adorabile bambolina di pezza vestita di bianco «Per te, Walter. Scommetto che ci farai pensieri terribilmente romantici mentre te la stringerai al petto»
«No, ma che dici …» mentre Walter si prendeva il suo regalo, con un movimento lento, abbassò gli occhi ed arrossì violentemente «Io, farci pensieri romantici?»
«Luna piena, neve, Varsavia … cose così …» Alucard fece un gesto vago con la mano libera, mentre con l’altra continuava a stringersi contro il petto il pupazzetto di Integra « … Guarda, c’è un bel Vladcard, qui»
«Dove?» chiese Integra, con quella che potremmo definire, si … una certa brama.
Alucard, depresso, si rintanò di nuovo in un angolino. Non si capiva bene se fingesse oppure se avesse una ripresa terribilmente rapida, perché ogni volta riusciva a risvegliarsi dal torpore malinconico in meno di un paio di minuti e altrettanto facilmente poteva ri-deprimersi.
Integra tirò fuori dalla scatola il pupazzetto di Vlad in armatura e lo legò al sigaro come un prigioniero al palo. L’avete capita, legò l’impalatore al palo! No? Lasciamo perdere …
Walter tirò fuori un grosso orologio a cucù
«Questo deve essere un regalo collettivo … » commentò, poi fece una smorfia « … Ma giuro che se vedo uscire anche da qui Vlad l’impalatore, io lo distruggo a colpi di padella»
«Vlad o l’orologio?» domandò Alucard, che si era magicamente ripreso
«L’orologio, ovviamente».
Proprio in quel momento, si udì alle spalle del gruppo dell’Hellsing un’esplosione abbastanza forte. Seras sobbalzò
«Mastahhh!»
«Che succede?» strillò Walter, voltandosi.
Ciel stava guardando i pezzi del suo bellissimo trenino distrutto, saltato in aria, mentre tutti i componenti della famiglia Phantomhive avevano le facce nere, abbrustolite dallo scoppio del treno-kamikaze.
Mentre tutti cercavano di capire cosa diavolo fosse successo, un caso di auto-combustione oppure un sabotaggio, gli altoparlanti si animarono
«Bene!» disse la voce della conducente «Per il loro spirito di altruismo, l’Hellsing guadagna due punti! Il trenino era stato equipaggiato con alcuni, ehm, petardi che si sarebbero azionati con un timer. Se gli Hellsing avessero tenuto il giocattolo, questo sarebbe esploso fra le loro mani, ma poiché avete dimostrato di essere buoni e generosi, non solo non avete subito danno, ma aumentate il vostro vantaggio sul nemico!»
«Ma» intervenne Walter «Perché avete sottoposto solo noi a questa prova? Perché non avete dato niente di nostro ai Phantomhive?»
«Chi ti ha detto che anche loro non sono stati sottoposti … gli è stato dato un orsacchiotto di peluche che …».
BOOOM.
Lizzie iniziò a piangere sui resti del suono nuovo giocattolo, il quale era esploso in mille minuscoli pezzettini, i quali ora vorticavano mestamente sopra le loro teste.
« … Ora è esploso».
Alucard sorrise: che splendido Natale!
E ora il tabellone dei punti segnava:
Hellsing – 11
Phantomhive – 11